PAAO – Parco Archeologico Ambientale dell’Orvietano https://paao.it/ Sun, 27 Dec 2020 15:43:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://paao.it/wp-content/uploads/2020/11/cropped-favicon-32x32.png PAAO – Parco Archeologico Ambientale dell’Orvietano https://paao.it/ 32 32 San Venanzo https://paao.it/2020/12/27/san-venanzo/ Sun, 27 Dec 2020 13:39:41 +0000 https://devel.paao.it/?p=332 Frazioni e località: Ospedaletto, San Marino, Pornello, San Vito, Poggio Aquilone, Civitella dei Conti, Collelungo, Rotecastello, Ripalvellawww.comuni-italiani.it/055/030 IN CITTÀ Chiesa di San Venanzio e Chiesa della Madonna Liberatrice Interessanti sono i primi resti della chiesa di S. Venanzio ben visibile nel parco pubblico. Di valore artistico e devozionale è l’affresco della Madonna Liberatrice (sec. XIV)… Read More »San Venanzo

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Frazioni e località: Ospedaletto, San Marino, Pornello, San Vito, Poggio Aquilone, Civitella dei Conti, Collelungo, Rotecastello, Ripalvella
www.comuni-italiani.it/055/030

IN CITTÀ

Chiesa di San Venanzio e Chiesa della Madonna Liberatrice

Interessanti sono i primi resti della chiesa di S. Venanzio ben visibile nel parco pubblico. Di valore artistico e devozionale è l’affresco della Madonna Liberatrice (sec. XIV) che si trova nell’omonima chiesa posta lungo la strada statale.
Da www.comune.sanvenanzo.tr.it/it/territorio_comunale/san_venanzo.html

Museo vulcanologico

Nel museo vulcanologico di San Venanzo, inaugurato nel 1999 ed ospitato all’interno di un antico edificio nel centro storico di San Venanzo, a poca distanza dall’ampio parco della Villa Comunale, sono presenti diverse collezioni di rocce e minerali oltre ad allestimenti museografici che guidano il visitatore lungo percorsi tematici. In una sala è allestito un antiquarium in cui è possibile ammirare i reperti archeologici di epoca etrusco-romana ritrovati nelle zona. Il Museo dedicato al vulcano è oggi un punto di riferimento per le scuole che desiderino approfondire lo studio delle rocce ignee, del metamorfismo e delle forme del vulcanismo, con l’apporto di docenti specializzati.
Il Museo Vulcanologico, nasce con il preciso intento di valorizzare l’area vulcanica sulla quale sorge San Venanzo, sottolineandone la singolarità e le caratteristiche di unicità. La visita si articola in due percorsi concettuali che coinvolgono la totalità del museo, scale comprese. Il primo, affronta la forza creatrice dei vulcani e spiega il significato delle eruzioni di San Venanzo in relazione all’evoluzione del nostro pianeta. Il visitatore è invitato ad approfondire la conoscenza dei fenomeni vulcanici, e degli effetti che questi hanno sull’uomo, l’ambiente, l’economia. Il secondo percorso riguarda la lunga storia della vita sulla terra: attraversando le sale, i diversi temi si traducono in allestimenti visuali ed interattivi che aiutano a comprendere quali fattori abbiano plasmato il paesaggio che ci circonda. Di particolare interesse, oltre alla Venanzite e alle splendide collezioni di minerali e fossili provenienti da tutto il mondo, è il cranio di “Mammuthus meridionalis” rinvenuto nei dintorni di San Venanzo e i resti ossei della “Breccia ossifera” pleistocenica del Monte Peglia, dalla quale emergono oltretutto utensili (choppers) ascrivibili al genere Homo erectus, Paleolitico inferiore.
Da www.umbria.ws/san-venanzo
www.parcomuseovulcanologico.com

Villa Faina e Parco pubblico

Villa Faina sorge in posizione elevata, all’interno del parco pubblico dell’abitato di San Venanzo, sui resti del castello medievale di cui rimangono tratti di mura, la torre campanaria della chiesetta, una grande vasca d’acqua chiamata “la piscina” ricavata dalle rovine della chiesa. Il nucleo originale della villa, costituito da un palazzo di epoca medievale, faceva parte integrante del borgo fortificato di San Venanzo e già nel 1830 apparteneva alla famiglia dei conti Faina che, svuotando il centro dai suoi abitanti, comprarono case e orti per costruire, prima una fattoria, poi il palazzo e il parco. L’ultima trasformazione risale alla fine dell’Ottocento e conferisce al complesso l’aspetto attuale. Dal 1962 la villa è proprietà del Comune.
Il palazzo dopo la costruzione dell’ala della serra, che si protende verso il tessuto urbano circostante, acquisisce un impianto a L. Il corpo principale si eleva su tre piani ed è caratterizzato sia dal portale bugnato in cotto sia dalle alte aperture circolari incassate in cornici quadrate. Il piano nobile è riconoscibile dalle alte finestre con parapetto in ghisa che sul retro divengono più ampie e cadenzate da robusti pilastri. Il corpo della serra presenta al piano terra finestre ad arco. Il trait d’union che lega tutte la facciate consiste nella presenza di una ricca decorazione costituita da cornici, modanature e fregi in laterizio che potrebbero essere ricondotti all’opera degli scultori perugini Raffaele Angeletti e Francesco Biscarini. All’interno, villa Faina è decorata sontuosamente con apparati decorativi che si suppone possano essere opera di mani diverse, come quelle di Annibale Angelini, Mariano Piervittori, Vincenzo Pasqualoni. Il verde al centro della corte delimitata dalle due ali del palazzo, è costituito da due grandi aiuole di cui una con fontana.
Il parco si sostanzia in un piccolo bosco: residuo ben conservato dei boschi spontanei dell’Umbria occidentale, adagiato sul versante nord ovest del colle. Bosco arricchito dai Conti Faina con piante esotiche e, ad oggi, cela completamente alla vista il complesso di edifici della villa, che viene segnalato all’esterno solo dalla torre dell’antico castello medievale, ancora presente nel giardino.
Attualmente Villa Faina ospita la sede del Consiglio comunale e un centro congressi.
Da www.umbria.ws/content/villa-faina-san-venanzo

DINTORNI

Il Parco Vulcanologico – Area naturale protetta inserita nello S.T.I.N.A.

Estesa poche decine di ettari, è stata creata per definire e delimitare una zona con caratteristiche eccezionali sotto il profilo geologico quale è l’area dei tre vulcani di San Venanzo e la colata lavica di Venanzite. Nonostante l’elevato pregio scientifico negli anni ’70 la Venanzite è stata estratta per ottenere inerti e ballast ferroviario. Lo svuotamento del corpo lavico ha messo in luce le intrusioni, le varie unità di flusso sovrapposte e canalizzate e dal 2004 l’area di cava è diventata la sede del Parco Vulcanologico all’interno del quale si snoda un suggestivo sentiero didattico.
L’area vulcanologica di San Venanzo si è sviluppata intorno a 3 piccoli vulcani (diametro di circa 500 mt ed altezza max 30 mt) attivi circa 265.000 di anni fa, precisamente il vulcano di San Venanzo, situato 500m a nord di Pian di Celle e composto da un tuff-ting asimmetrico con uno spessore di 30 m sormontato da un maar con un diametro massimo di 300m, dove oggi sorge l’omonima località di San Venanzo, quindi l’Anello di tufo di Pian di Celle, posto circa 800 metri a sud, e l’Anello di lapilli di Celli, circa a 500 metri a est di Pian di Celle.
Da www.parcomuseovulcanologico.com
www.umbria.ws/content/parco-vulcanologico

Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico-Ambientale Monte Peglia Selva di Meana S.T.I.N.A.

Il Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale (S.T.I.N.A.) Monte Peglia e Selva di Meana comprende tre aree naturali protette separate tra loro, ma tutte ricadenti in un ambito più vasto che è quello di pertinenza della Comunità Montana Monte Peglia e Selva di Meana. L’area più vasta è quella di Allerona-Selva di Meana, segue poi quella della Melonta-Bosco dell’Elmo, molto interessante sotto il profilo floristico-vegetazionale ed infine l’area protetta di San Venanzo, che comprende anche una zona vulcanologica. L’ambiente montano del Gruppo Peglia è caratterizzato da cerrete, ma anche da estese pinete; ricchissima è la flora calcolabile in oltre un migliaio di specie.
Di particolare interesse naturalistico sono le frazioni di San Marino, con il bosco di Melonta, ed Ospedaletto che, ad 800 metri s.l.m., è il punto di maggior richiamo turistico del Comune. Le pinete, i parchi e la riserva faunistica sono meta continua di turisti. Nel parco dei Sette Frati, attrezzato per spettacoli e pic nic, è stato allestito un centro di documentazione naturalistica, meta del turismo didattico.
Da www.parks.it/parco.monte.peglia.selva.meana/index.php
www.umbria.ws/san-venanzo
www.comune.sanvenanzo.tr.it/it/territorio_comunale/san_venanzo.html

Castelli di epoca medioevale nel territorio comunale

Nel territorio comunale meritano di essere visitati di San Vito in Monte (dove si trova anche una sorgente di acque oligominerali), Civitella dei Conti, Ripalvella, Rotecastello, Poggio Aquilone, Pornello e Collelungo (dove si trova anche il Santuario della Madonna della Luce).
Da www.comune.sanvenanzo.tr.it/it/territorio_comunale/san_venanzo.html

 

BIBLIOGRAFIA

  • AAVV, Guida ai parche dell’Umbria: parchi regionali: Cucco, Colfiorito, Subasio, Trasimeno, Tevere, Nera, Stina, Monte Peglia e Selva di Meana, Parco Nazionale Monti Sibillini, Perugia, 2003.
  • AAVV, Il Monte Peglia polmone verde dell’Umbria: flora , fauna, funghi, Perugia, 1998.
  • AAVV, Sistema territoriale di interesse naturalistico ambientale (STINA) Monte Peglia e Selva di Meana, Perugia, 2003
  • Bizzarri C., Lo scavo di Poggio delle Civitelle a San Venanzo, in Atti del IX Convegno Internazionale di Studi sulla Storia e l’Archeologia dell’Etruria, IX. Perugia Etrusca 2001, Perugia 2002.
  • Damiani A. V. Mencarelli I. Piazzoli S., Studi sulla catena Preappenninica Umbra. La dorsale del Monte Peglia, 1990.
  • Meulen A. J., Middle Pleistocene smaller mammalas from the Monte Peglia, (Orvieto, Italy) with special reference to Plylogeny of Microtus (Arvicolidae, Rodentia), in Quaternaria : storia naturale e culturale del Quaternario, Roma, 1973.
  • Piperno M., The Monte Peglia Lithic Industry, Roma, 1972.
  • Venanzoni R. Gigante D., La vegetazione del comprensorio del Monte Peglia, Terni, 2005?.

 

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Porano https://paao.it/2020/12/26/porano/ Sat, 26 Dec 2020 20:39:43 +0000 https://devel.paao.it/?p=223 www.comuni-italiani.it/055/028www.comune.porano.tr.it IN CITTÀ Chiesa di San Biagio La chiesa parrocchiale di San Biagio, oggi completamente trasformata da un incauto lavoro di ripristino, probabilmente è da identificare con l’edificio di culto ricordato nelle Rationes Decimarum del XIII secolo. All’interno sono due affreschi rappresentanti San Biagio e il committente e l’Annunciazione di scuola orvietana del XIV secolo:… Read More »Porano

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www.comune.porano.tr.it

IN CITTÀ

Chiesa di San Biagio

La chiesa parrocchiale di San Biagio, oggi completamente trasformata da un incauto lavoro di ripristino, probabilmente è da identificare con l’edificio di culto ricordato nelle Rationes Decimarum del XIII secolo. All’interno sono due affreschi rappresentanti San Biagio e il committente e l’Annunciazione di scuola orvietana del XIV secolo: vi è da segnalare anche un’acquasantiera marmorea scolpita da Rutilio Laurenzi e datata 1608: in sacrestia è una croce astile del XV secolo. già ricoperta di smalti e di figurine di santi. Nella chiesa si trova anche una reliquia di Fra’ Paolo da Porano – lo stemma francescano del suo saio – donata dal convento limitrofo di San Crispino, ove il Venerabile è sepolto.
Da www.umbria.ws/porano

Villa Paolina

Un tempo villa di campagna, oggi uno tra i più pregevoli parchi storici dell’Umbria, Villa Paolina, si trova sulla strada che collega il centro di Porano con Bagnoregio.
Edificata nel 1706 sui resti di un monastero medievale per volontà di Giovan Battista Gualtiero, quando questo ottenne il titolo di marchese, appartenne alla sua famiglia fino al 1874. La villa originariamente prese il nome del toponimo locale Corniolo, Crogniolo o anche Cornaro, essendo la zona ricca di questi arbusti. Nel 1874 il politico del risorgimento italiano, Filippo Antonio Gualterio, avendo impegnato le sue stesse risorse per strappare l’orvietano allo stato pontificio, fu costretto a vendere questa proprietà di famiglia che passò così ai marchesi Viti Mariani. I nuovi proprietari realizzarono ristrutturazioni e modifiche all’impianto originario ed attribuirono al complesso il nome della marchesa Viti, Paolina. Dopo la seconda guerra mondiale, la proprietà – che aveva subito ingenti danni, passò ai Casini e poi negli anni Ottanta del Novecento alla Provincia di Terni.
L’edificio della villa vera e propria è costituito da un corpo centrale e due ali laterali. Sulla facciata anteriore il corpo centrale presenta due piani. Una bassa terrazza, collegata al giardino attraverso una doppia scala semicircolare a forbice, ornate da balaustre, introduce direttamente al piano nobile. Le finestre della facciata sono ad arco, iscritte in edicole; sono presenti fasce marcapiano e parastre a bugne. Sul retro i piani sono quattro, essendo il livello del terreno più basso. I due più bassi ospitavano le cucine, le sale di servizio e la cappella. Le due ali laterali a forma di elle si avvicinano nella parte posteriore dell’edificio racchiudendo al loro interno un piccolo giardino con un pozzo al centro. Il complesso presenta elementi architettonici tipici della seconda metà dell’Ottocento: inferiate, parapetti in ghisa e persiane che scorrono all’interno dei muri. Esternamente si sono perse le decorazioni pittoriche delle facciate, che certamente arricchivano e completavano l’edificio. All’interno è il piano nobile a conservare ancora le caratteristiche originarie. Si possono apprezzare i soffitti a volta, alcuni decorati altri controsoffittati in legno. La villa ha circa 160 sale arredate con gusto, tra cui un atrio con decorazioni pompeiane del primo Ottocento; un teatrino all’ultimo piano ed una lunga galleria, con decorazioni a grottesca, nel corpo laterale.
Sono da ammirare anche gli edifici che completano il complesso di Villa Paolina. Si tratta di tre edifici posti sul lato sud della villa. Non lontani fra loro si tratta di una portineria – oggi molto più piccola di quella originale, lungo un viale d’accesso secondario; una limonaia, di recente restaurata; un casolare costituito da un corpo centrale stretto tra due torri colombaie. Quest’ultima struttura, pregevole per la cura dei particolari, è un’espressione accurata dell’edilizia minore del Settecento italiano. Si accede a Villa Paolina attraverso un cancello in metallo decorato ed un muro a esedra semicircolare su cui si innestano due strutture lunghe e strette, un tempo locali di servizio.
L’edificio di Villa Paolina ospita oggi la sede dell’Istituto di Biologia Agroalimentare e Forestale (IBAF) del CNR. La scelta verosimilmente è stata fatta proprio per la ricchezza floreale del parco che circonda la villa. Il complesso, infatti, è molto più apprezzato per la varietà di piante e per la loro longevità che non per gli edifici che compongono la villa.
Da www.umbria.ws/porano

Parco di Villa Paolina

Il parco di Villa Paolina a Porano è più pregevole della villa stessa. Il complesso architettonico settecentesco di Villa Paolina si fonde e si integra con i viali ed i giardini, che compongono la sua cornice. Il parco si sviluppa su un ripiano ondulato stretto tra scoscese balze di tufo, tipiche dell’origine vulcanica del territorio.
Contemporaneamente all’erezione dell’immobile furono progettati il viale d’ingresso, lunghissimo e bordato di siepi, ed i giardini della tenuta, che si estendono per più di nove ettari. Parte dall’esedra dell’ingresso, il viale principale, definito da una doppia fila di siepi di lauroceraso, che conduce fino alla piazza ellittica di fronte alla facciata anteriore di villa Paolina. Sulla piazzetta si possono ammirare, accanto ad una fontana, due cedri secolari. Il viale continua aldilà del corpo della villa, diviso in quattro file parallele di cipressi secolari. Questo viale attraversa tutta la lunghezza della proprietà e s’interseca con i viali ortogonali che delimitano il parco. Le quattro file di cipressi si interrompono davanti ad un ampio prato, utilizzato oggi per manifestazioni ippiche, canine ed altro. Sul lato destro della facciata, lungo il viale d’ingresso secondario, all’altezza della limonaia, si può ammirare il giardino all’italiana. Esso è circondato da mura; nella parte in fondo trova collocazione la fontana delle conchiglie (composta da un nicchione centrale e due nicchie laterali più piccole). Sul lato sinistro della Villa si trova il giardino all’inglese realizzato in seguito alla ristrutturazione della famiglia Viti Mariani, nella seconda metà dell’Ottocento. Il giardino, circondato da ippocastani, si presenta come un piccolo cerchio in cui si possono ammirare delle camelie arboree di grande dimensione, tipiche dei giardini dell’epoca ed oggi molto rare. Sul retro della villa, oltre il giardino chiuso tra le ali dell’edificio si trovano due tassi longevi, potati a cilindro. Essi segnano l’inizio di un ovale di cipressi – oggi difficilmente riconoscibile -, che ospitavano numerose statue ed altri abbellimenti tipici del giardino barocco.
Con l’insediamento nelle sale della villa dell’Istituto di Agrosilvicoltura del CNR, è stata avviata una collaborazione con l’Università degli studi di Viterbo, per realizzare interventi di conservazione e riqualificazione delle specie botaniche presenti. Impegno del Comune di Porano e delle suddette istituzioni è stato anche quello di aprire il parco al pubblico. Una recente ristrutturazione ha fatto della limonaia il punto di partenza per le visite guidate collegate al turismo e all’ecodidattica.
Da www.umbria.ws/porano

Castel Rubello

Castel Rubello è situato a poca distanza da Porano in direzione Corgnolo, a 430 metri s.l.m. Fu edificato nel XIII secolo su una collina, in funzione di avamposto difensivo della città di Orvieto, assunse tuttavia la sua configurazione definitiva nel corso del secolo successivo (1313 ca.). Architettonicamente si tratta di un castello formato dall’unione di due complessi. Un primo insieme di edifici è caratterizzato da una chiesa, il cui campanile è stato ricavato da una torre, affiancata da alcune unità edilizie addossate fra loro. L’insieme è posto su una bastionatura naturale, mentre il lato sulla strada è difeso da una grande torre angolare a base quadrata, ricoperta da una cornice merlata aggettante su una fascia di beccatelli. Il secondo dei due complessi in cui si articola castel Rubello, si compone di un grande edificio ad uso residenziale, che conserva al suo interno, al primo piano, un monumentale camino e, al pianterreno, un ciclo di affreschi di Lombardelli, simili a quelli del Palazzo Simonceli a Torre San Severo. Camino ed affreschi sono il risultato di interventi operati nel castello alla metà del XVI secolo (1541). L’edifico è dominato da una torre con copertura a falde lignee e coppi. Il complesso annovera poi una serie di altri edifici, di minori dimensioni, disposti a cerchio a creare una corte. Uno di questi incorpora una terza e più alta torre.
Castel Rubello, di proprietà privata, è oggi adibito a struttura ricettiva.
Da www.umbria.ws/porano
www.castelrubello.it/cr_home.php

Ecomuseo del paesaggio degli Etruschi

«…si definisce l’Ecomuseo quale strumento di gestione del territorio che nasce dalla volontà delle comunità locali di autorappresentarsi ed autogestirsi, riconoscendone il ruolo di memoria storica e valorizzazione dei patrimoni materiali e immateriali, ambientali e paesaggistici delle comunità locali, di luoghi per una promozione del territorio basata sulla cultura della sostenibilità». Tanto che anche per l’Ecomuseo del paesaggio degli Etruschi, «sono protagoniste le realtà locali, con l’appoggio delle istituzioni, nella costruzione di un progetto per la tutela e la valorizzazione del paesaggio, della storia e dei saperi, con un legame sempre più stretto tra uomo e territorio». L’Ecomuseo di Porano si aggiunge a quelli di Campello sul Clitunno, della Dorsale appenninica umbra, del Paesaggio orvietano, quello geologico minerario di Spoleto e quello del Tevere. Ognuno ha diritto alla denominazione esclusiva ed originale e a utilizzare per le iniziative previste dal programma di attività e dal piano annuale di attuazione, oltre al proprio marchio, il ‘sigillo’ identificativo degli Ecomusei adottato dalla giunta regionale.
Da http://www.umbria24.it/porano-lecomuseo-del-paesaggio-degli-etruschi-entra-a-far-parte-delle-rete-regionale-dedicata/249664.html
www.poranoturismo.it/it

DINTORNI

Teatro di Santa Cristina

In posizione periferica – all’entrata del paese dal lato della strada della Badia che conduce verso Orvieto e in prossimità del locale Convento delle Suore Missionarie Francescane di San Bernardino – si trova il Teatro di Santa Cristina. Antica chiesa a un dato punto sconsacrata, sulla quale al momento non è possibile reperire fonti, già teatro in passato secondo la tradizione popolare, è stata ristrutturata, con il concorso di fondi comunitari europei, per ospitare un piccolo teatro di 150 posti.
L’intervento – eseguito a partire dall’inizio del 1999 su progetto dell’architetto Costanzo Lemmi – oltre a conservare, mantenendone intatte le caratteristiche, l’antica chiesa dove è stata realizzata la sala teatrale, ha aggiunto all’edificio un piacevole corpo moderno che si affaccia, attraverso le grandi vetrate, sul paesaggio circostante. In questo nuovo corpo hanno trovato posto la hall, gli spazi funzionali accessori e una sala sopraelevata che permette di ospitare mostre, rassegne e utilità collegate ad eventuali convegni.
Da www.umbriamusica.it/teatro-santa-cristina-porano

Tombe Golini e Tomba degli Hescanas

La storia della scoperta delle Tombe Etrusche di Porano è il frutto delle numerose ricerche archeologiche della seconda metà del XIX secolo quando, soprattutto nel territorio di Orvieto, agivano molti personaggi che prestavano maggiore attenzione ai materiali che venivano scoperti piuttosto che agli elementi di storia e cultura da cui quei materiali provenivano.
Le Tombe Golini I e II, furono rinvenute nel 1863 e prendono appunto il nome da colui che le scoprì, Domenico Golini di Bagnoregio. Lo stato di conservazione delle tombe dipinte era già molto modesto al momento della scoperta, e le tecniche dell’epoca non poterono consentire di “salvare il salvabile”. La rapida modificazione delle condizioni di temperatura ed umidità, determinate dall’apertura delle tombe, portarono ad un ulteriore forte deterioramento della situazione, per cui fu stabilito di richiudere le camere in attesa di tempi più favorevoli, traendo a più riprese disegni dagli affreschi originali. Agli inizi degli anni ’50 si provvide al distacco delle pitture dalle pareti e al loro trasferimento al Museo di Firenze. Solo nel 1982 le pitture tornarono ad Orvieto e furono collocate presso il Museo Archeologico Nazionale. Alla fine degli anni ’90 furono oggetto di un definitivo restauro e sono tutt’oggi visitabili.
Diversa è la storia della terza tomba dipinta poranese, scoperta nel 1883 in località Molinella, presso Castel Rubello, ed esplorata da Eugenio Faina e Gian Francesco Gamurrini. Lo stato di conservazione della Tomba Hescanas – dal nome della famiglia gentilizia che la fece costruire – pur essendo nel complesso meno favorevole di quello delle Tombe Golini, non richiese interventi radicali, anche perché si ritenne non conveniente il distacco per la qualità meno alta delle pitture. Ciò ne consentì pertanto il mantenimento in situ, ma non risolse il problema del deterioramento nel tempo di tali affreschi. Pertanto, circa dieci anni dopo la scoperta, furono commissionati alcuni disegni ad acquerello su tela, nell’intento di “fissare” le immagini all’epoca ancora nitide, o comunque chiaramente visibili, realizzando così copie non particolarmente raffinate ma molto fedeli alle originali pitture su parete. Le tele ottocentesche, oggi restaurate, sono conservate e visibili a Porano, presso il CEA Centro Visite PAAO, ex limonaia di Villa Paolina.
Da www.poranoturismo.it/it

BIBLIOGRAFIA

  • AAVV, Geofisica per l’archeologia: atti del seminario, Porano 21-23 settembre, 1988.
  • AAVV, IRRES, Ricerche per la progettazione di una rete di Itinerari turistici, Orvietano Amerino Narnese Ternano, Perugia, 1994.
  • AAVV, Pittura etrusca a Orvieto, Roma 1982.
  • Amoni D., Castelli Fortezze e Rocche dell’Umbria, Perugia,1999.
  • Fagliari Zeni Buchicchio F. T., Porano medievale dai rilievi dell’architetto Ippolito Scalza, in Studi in ricordo di Francesco Satolli, pp. 263 – 268, Orvieto 2013.
  • Feruglio A. E., Porano: gli etruschi, Perugia, 1995.
  • Fumi L., San Bernardino da Siena in Orvieto e in Porano: memorie dedicate al molto reverendo signor Pievano don Marco Spagnoli, Siena 1888.
  • Pammolli B., Porano: storia e attualità del piccolo comune umbro, Vaprio d’Adda, 2012.
  • Rossi Caponeri M., Porano: note storiche, Grotte di Castro, 2000.
  • Santini L., Guida di Orvieto e dell’Orvietano, Perugia, 2000.

 

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Parrano https://paao.it/2020/12/26/parrano/ Sat, 26 Dec 2020 18:52:33 +0000 https://devel.paao.it/?p=206 Frazioni e località: Cantone, Frattaguida, Pievelungawww.comuni-italiani.it/055/025www.comune.parrano.tr.it/ IN CITTÀ Castello e abitato di Parrano Il castello , situato su un’altura in posizione dominante la valle del Chiani, costituisce il primo nucleo dell’abitato di Parrano. Edificato su preesistenti rovine romane, si trova nominato nei documenti fin dall’anno mille. Esso costituiva senz’altro un elemento cardine nel sistema difensivo… Read More »Parrano

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Frazioni e località: Cantone, Frattaguida, Pievelunga
www.comuni-italiani.it/055/025
www.comune.parrano.tr.it/

IN CITTÀ

Castello e abitato di Parrano

Il castello , situato su un’altura in posizione dominante la valle del Chiani, costituisce il primo nucleo dell’abitato di Parrano. Edificato su preesistenti rovine romane, si trova nominato nei documenti fin dall’anno mille. Esso costituiva senz’altro un elemento cardine nel sistema difensivo e di avvistamento delle fortificazioni orvietane. Il Castello di Parrano, recentemente ristrutturato, è composto da cinque piani che sovrastano il borgo abitato che si allunga sul crinale. Delimitano la facciata dell’edificio due torri a pianta quadrata con merlature, la più alta delle quali con elementi costruttivi che ne denunciano la chiara funzione di avvistamento. Le mura che sostengono il giardino pensile del castello furono costruite in occasione di una modifica apportata al Castello di Parrano nel settecento, lungo di esse si aprono Porta Ripa e Porta Piazza.
L’abitato di Parrano, visto dalla vetta della torre del castello, ha una forma ovoidale allungata verso Nord. La struttura urbana si articola da una piazza da dove si dipartono due strade principali, parallele al pendio della collina, raccordate da vicoli stretti e scoscesi che collegano tra loro i vari livelli altimetrici. Del piccolo borgo sorto probabilmente intorno all’anno Mille, anche se ancora conserva il tipico aspetto medievale, é rimasto solo la grande torre del castello che funge da mastio. Si ritiene che dopo la metà del Trecento Bulgarello di Tiberuccio ricostruì o ristrutturò Parrano distrutta dagli Orvietani nel corso delle note vicende belliche, come aveva fatto per Castel di Fiori. Ciò sarebbe avvalorato dalle numerose strutture murarie di tale epoca giunte sino a noi e visibili in diversi edifici. Secondo quanto è riportato in alcuni documenti, in questo periodo Bulgarello costruì Olevole, struttura fortificata, quale avamposto a difesa del castello di Parrano. All’inizio del XVII secolo quando il feudo era in mano ai Marescotti, Parrano aveva urgente bisogno di restauri. Il conte Sforza Vicino, uomo molto energico, verso il 1630 diede inizio ad una intensa attività edilizia, ed i suoi successori poi ne completarono l’opera. Dalla metà del Seicento circa e fino al 1694, Parrano era tutto un cantiere edilizio. Squadre di scalpellini, di muratori, di fabbri e di falegnami provenienti da Milano, Firenze, Perugia, Viterbo e Magione, lavoravano sotto la direzione del milanese mastro Andrea Selva, che in vari documenti detto anche “architetto del conte Marescotti”, il quale con il suo intervento dette luogo a quel rinnovamento edilizio seicentesco di Parrano che tuttora si vede. L’ultima fatica dell’architetto Andrea Selva dovrebbe essere stata la costruzione della Porta di Piazza, ultimata nel 1693, poiché nel 1695 non è più presente a Parrano. Un altro rinnovamento edilizio si ebbe all’inizio dell’Ottocento il quale mutò notevolmente l’assetto urbanistico del paese. Pochissimi gli edifici che hanno forma di palazzo. Nessuna linea architettonica si riscontra nelle facciate delle case, sono tutte costruzioni economiche con pochi agi per una vita intima.
Da www.umbria.ws/parrano
www.parrano.net

Centro di documentazione territoriale

E’ un piccolo complesso espositivo situato all’ingresso del paese di Parrano, al piano inferiore dell’edificio che ospita la Scuola Elementare Sante De Sanctis. Si compone di 4 sezioni: la prima sulla geologia del territorio e la formazione del canyon sul quale si aprono le Tane del Diavolo; la seconda sulla storia degli scavi archeologici alle Tane e sui loro risultati, corredata dall’esposizione di materiali del Paleolitico Superiore e dell’Età del Bronzo Finale; la terza è relativa alla scoperta e allo scavo della tomba etrusca di località Soriano, con alcuni pezzi del corredo, tra i quali importanti vasi del Gruppo Orvieto (VI sec. a. C.); la quarta è relativa alla storia del castrum di Parrano dal Medioevo ai nostri giorni, con la riproduzione di una nutrita serie di documenti d’archivio, tra i quali alcune carte dello Statutum Castri Parrani, risalente al 1559.
Da www.parrano.net
www.museiprovinciaterni.it/context_musei.jsp?ID_LINK=602&area=47
www.umbria.ws/parrano

DINTORNI

Parco termale

Il Parco Termale di Parrano è stato inaugurato nel 2011 al termine di un complesso progetto che ha consentito prima di recuperare una sorgente di acqua oligominerale ipotermale a 29/30 °C (con un portata di 30-40 lt/s) poi di realizzare una serie di infrastrutture a servizio della Piscina e dell’impianto termale previsto dal PRG. E’ aperto dalla fine di maggio a circa metà di settembre. Il Parco termale di Parrano è stato realizzato con fondi dell’Unione Europea e della Regione Umbria.
Da www.parrano.net

La Forra e le Tane del Diavolo

Il corso del Torrente Bagno, medio affluente di sponda sinistra del Torrente Chiani, ha scavato nel corso dei millenni una profonda incisione nell’area a N.W. dell’abitato di Parrano, in certi punti sprofondante quasi verticalmente per circa 60/70 metri. La profonda erosione è avvenuta nel corso dei millenni a discapito delle formazioni del Paleogene e del sottostante Cretacico, quest’ultimo presente con una potente bancata di calcare micritico con selce nera, complessivamente assimilabile alla Maiolica. Il Torrente Bagno ha un corso complessivo di poco superiore ai 4 Km dei quali però solamente 600/700 metri circa di grandissimo rilievo morfologico per la presenza di una profonda forra tortuosa. Quest’ultima si presenta decisamente meandriforme, con un andamento complessivo ad angolo acuto di valori prossimi ai 78 gradi, ricca di una nutrita serie di interessantissime morfologie particolarmente suggestive, conseguenza diretta dell’azione erosiva ad intensità non costante nell’arco dell’anno, Si osservano infatti alcune “Marmitte dei Giganti” all’interno delle quali, nei periodi di secca, si formano alcuni tomboli di acqua pressoché stagnante dove trova rifugio la frazione faunistica acquatica dei singoli tratti, nei quali il torrente stesso è suddiviso dalle varie marmitte. Di particolare bellezza ed unicità è la presenta di un “Ponte od Arco naturale” detto localmente “Ponte del Diavolo”, visibile all’altezza del complesso ipogeo carsico detto le “Tane del Diavolo”. Da segnalare anche la presenza di alcune piccole ma suggestive “cascatelle” che, nei momenti di piena portata, mettono tra loro in comunicazione le varie “Marmitte dei Giganti” prima ricordate. Le pareti della gola si presentano pressoché impraticabili senza l’ausilio di apposite attrezzature, a causa dell’azione erosiva delle acque che, nel tempo, hanno levigato le formazioni carbonatiche e dalla scarsità di vegetazione arboreo-arbustiva utilizzabile quale appiglio. Strutturalmente l’affioramento dei litotipi descritti può essere messa in relazione ai movimenti tettonici avvenuti durante la fase compressiva che interessò l’Umbria fra il Miocene inferiore e il Miocene medio.
Lungo questa forra, nel fianco sinistro del fosso, si aprono circa 20 grotte denominate Tane del Diavolo, molte delle quali, in tempi remotissimi, sono state abitate dall’uomo che ha lasciato all’interno di esse testimonianze della sua presenza, ed esse hanno restituito sicuramente i più antichi materiali di tutto il territorio orvietano (dal Paleolitico Superiore alla Civiltà del Bronzo). Tre sono le più grandi e le più esplorate, comunemente chiamate Tana Minore, Tana del Rospo Superiore e Tana del Faggio o Grotta Grande. Presentano un notevole sviluppo orizzontale per parecchie decine di metri, con andamento labirinticolo dovuto ad un intricato sistema di gallerie, sale e meandri. La più vasta é la Grotta Grande la quale ha uno sviluppo di circa 700 metri, ed al suo interno vi sono due sale di notevoli dimensioni ed un laghetto di formazione periodica (compare e scompare). Nascoste da una fitta vegetazione e di difficile accesso, localmente erano conosciute e visitate sin dal Seicento in quanto all’interno di una di esse é stata trovata, graffiata su una roccia, la data 1615. Nel luglio l932 il francese Gilbert Pineton dei conti di Chambrun, appassionato di speleologia, trovandosi a Parrano ospite del cognato principe Alessandro Edmondo Ruspoli, all’epoca proprietario del castello, le esplorò e le segnalò al professor Umberto Calzoni, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Perugia. Il Calzoni nei successivi mesi di agosto e di settembre, vi eseguì degli scavi sistematici, e vi rinvenne molti resti antropologici, abbondante materiale della più remota età della pietra, numerosi frammenti di terracotte del periodo pre-etrusco (Civiltà del Bronzo: Media, Recente e Finale, circa 2000 a.C.) e resti di fauna di clima freddo (marmotte e stambecchi). In particolare: nella Tana Minore trovò numerosi resti di una locale industria litica, mentre nella Tana del Rospo Superiore rinvenne materiali del periodo appenninico e sub-appenninico, quali fondi di capanne, oggetti ceramici ed una vasta necropoli. I reperti rinvenuti furono portati nel Museo Archeologico Nazionale di Perugia dove sono tuttora conservati e testimoniano la presenza dell’uomo in questa parte dell’Umbria già da circa 28.000 anni. La scoperta di questa stazione paleontologica ebbe risonanza nazionale e fu ritenuta importantissima per i rarissimi ritrovamenti di vita paleolitica e per le terracotte, ma anche perché dimostrava l’esistenza di una civiltà appenninica anteriore a quella etrusca. Inoltre, per la loro postura, queste grotte che si aprono su balze strapiombanti su un fiume, sono ritenute caverne sacre alle genti appenniniche. Il professor Calzoni, archeologo, profondo conoscitore della preistoria e protostoria d’Italia, e in particolare dell’area centrale, legò il suo nome a questa scoperta, e nel 1934 pubblicò un interessante saggio in Archivio per l’Antropologia e la Etnologia, volume LXIII, dal titolo “Scoperte preistoriche nelle “Tane del Diavolo” presso Parrano (Orvieto)”, oggi introvabile. Successivamente le grotte furono visitate e studiate da archeologi di rilevanza nazionale, quali il Lippi Boncambi, lo Stefanelli, il Lotti ed altri, che, poi su di esse, pubblicarono interessantissimi saggi. Nel 1992 in una di queste grotte, sono stati trovati tre vasetti di terracotta contenenti delle bacche ricoperte da uno strato di grasso animale, il tutto in perfetto stato di conservazione. Durante una recente campagna di scavi sono venute alla luce resti di cocci, accette, perline, collane, ma anche cenere e frammenti di ossa di animali sotto un masso di notevoli dimensioni, per cui si presume che in queste grotte si praticassero dei riti religiosi.
Da www.parrano.net

Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico-Ambientale Monte Peglia Selva di Meana S.T.I.N.A.

Il Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale (S.T.I.N.A.) Monte Peglia e Selva di Meana comprende tre aree naturali protette separate tra loro, ma tutte ricadenti in un ambito più vasto che è quello di pertinenza della Comunità Montana Monte Peglia e Selva di Meana. L’area più vasta è quella di Allerona-Selva di Meana, segue poi quella della Melonta-Bosco dell’Elmo, molto interessante sotto il profilo floristico-vegetazionale ed infine l’area protetta di San Venanzo, che comprende anche una zona vulcanologica. L’ambiente montano del Gruppo Peglia è caratterizzato da cerrete, ma anche da estese pinete; ricchissima è la flora calcolabile in oltre un migliaio di specie.
Da www.parks.it/parco.monte.peglia.selva.meana/index.php
www.umbria.ws/parrano

BIBLIOGRAFIA

  • Cecci M., Parrano e il suo territorio, Parrano 1995.
  • Milani F., Parrano: un castello dell’Umbria, Città della Pieve, 1994.
  • Cecci M., Parrano tra storia e preistoria, Parrano, 1994.
  • Giardini C., Portrait of the young Princes Marescotti of Parrano: Ritratto dei Principini Marescotti di Parrano, Milano 2010.
  • Lippi Boncampi C., Le grotte di Parrano (Umbria), Milanno 1937
  • Milani F., Parrano: una terra abitata sin dal Paleolitico, 2006.
  • Calzoni U., Scoperte preistoriche nelle “Tane del Diavolo” presso Parrano (Orvieto): nota preliminare, Firenze, 1934.
  • AAVV, Comuni dell’alto orvietano e area narnese della provincia di Terni: atelier dei paesaggi mediterranei: Allerona e Castel Viscardo, San Venanzo, Ficulle, Montegabbione e Parrano, area narnese, Terni.
  • Ughelli F., Albero et istoria della famiglia de’ conti di Marsciano di Ferdinando Ughelli: storia di una famiglia dalle origini ad Antonio conte di Marsciano, Parrano e Migliano, Marsciano 2003

 

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Orvieto https://paao.it/2020/12/26/orvieto/ Sat, 26 Dec 2020 20:58:31 +0000 https://devel.paao.it/?p=233 Frazioni e località: Bagni, Bardano, Benano, Canale, Capretta, Ciconia, Corbara, Fossatello, La Svolta, Morrano, Prodo, Roccaripesena, San Martino, San Quirico, Sant’Egidio, Sugano-Canonica, Titignano, Torre San Severo, Tordimontewww.comuni-italiani.it/055/023www.comune.orvieto.tr.it A sud-ovest dell’Umbria si colloca il comune di Orvieto, il cui centro storico è sorto su uno pianoro di tufo a dominio dell’ampia valle del fiume Paglia. Le… Read More »Orvieto

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Frazioni e località: Bagni, Bardano, Benano, Canale, Capretta, Ciconia, Corbara, Fossatello, La Svolta, Morrano, Prodo, Roccaripesena, San Martino, San Quirico, Sant’Egidio, Sugano-Canonica, Titignano, Torre San Severo, Tordimonte
www.comuni-italiani.it/055/023
www.comune.orvieto.tr.it

A sud-ovest dell’Umbria si colloca il comune di Orvieto, il cui centro storico è sorto su uno pianoro di tufo a dominio dell’ampia valle del fiume Paglia. Le testimonianze archeologiche attestano che la città etrusca raggiunse il suo massimo splendore economico ed artistico tra il VI e il IV secolo a.C., con la brusca interruzione dovuta alla conquista romana del 264 a.C.. Dopo la caduta dell’Impero Romano fu conquistata prima dai Goti, poi dai Bizantini e poi dai Longobardi del Ducato di Spoleto. Intorno all’anno Mille conobbe un nuovo sviluppo urbanistico, economico e sociale e ben presto si costituì in libero Comune con un governo che venne riconosciuto da Papa Adriano VI nel 1157. Nel XII secolo estese i propri confini e dominò un territorio che comprendeva vaste zone delle attuali regioni di Toscana e Lazio. La potenza e la ricchezza della città medievale si espressero al massimo grado nel XIII e XIV secolo, come testimoniano gli splendidi edifici ancora oggi visibili. Dopo un periodo di lotte civili e religiose tra le famiglie patrizie, nel 1354 il cardinale Albornoz riaffermò il controllo della Chiesa sul territorio. Nel 1449 entrò definitivamente a far parte dello Stato della Chiesa per restarvi fino al 1860, nascita del Regno d’Italia.
La città dispone di un patrimonio artistico e culturale tra i più ricchi dell’Umbria, fra cui spiccano il Duomo con la sua facciata gotica opera di Lorenzo Maitani e la chiesa di San Giovenale, costruita nel 1004 nel settore medievale della città, nella quale si trova anche il complesso sotterraneo del Pozzo della Cava. Tra gli edifici pubblici più rappresentativi vi sono il palazzo del Popolo e la torre del Moro (entrambi del XIII secolo); la torre di Maurizio è del 1348 ed ancora scandisce le ore in piazza Duomo, dove si trova palazzo Soliano, sempre del XIII secolo. Capolavoro di ingegneria è il pozzo di San Patrizio, scavato dal 1527 al 1537 da Antonio da Sangallo il Giovane con una profondità di 62 metri e due scale elicoidali indipendenti. Sotto la città si nasconde la suggestiva Orvieto sotterranea, dove un incredibile numero di cavità artificiali danno vita ad un intricato labirinto di cunicoli, gallerie, cisterne, pozzi, cave e cantine.
È evidente che l’aspetto caratterizzante lo svolge il pianoro vulcanico su cui sorge l’abitato moderno, la cui particolare collocazione oro-geografica ha sempre influenzato il ruolo della comunità che vi era stanziata, legandola al controllo di importanti vie di comunicazione; basti pensare al fiume Tevere che portava al Tirreno ma anche verso le pianure perugine ed i valichi appenninici od alla via Cassia con la sua rete di diverticoli. Il primo consistente insediamento stabile si deve probabilmente ipotizzare già per le fasi protostoriche mentre il tessuto urbano si costituisce a partire dal VI secolo a.C., rispecchiato nella attenta stesura urbanistica degli edifici funerari che compongono le necropoli urbane.: appena fuori dalle mura si trova quella del Crocifisso del Tufo (IV-V secolo a.C.) con tombe a camera costruite con blocchi di tufo e identificate con il nome del capostipite inciso sull’architrave. Il sito è raggiungibile anche a piedi dal centro storico, lungo un suggestivo percorso del parco archeologico. Le scarse testimonianze relative al periodo di occupazione romana devono oggi essere rilette alla luce degli scavi condotti a Campo della Fiera, area ai piedi della rupe e sede del santuario federale etrusco noto come Fanum Voltumnae, la cui valenza religiosa che perdura in epoca romana  è anche ribadita dalle fasi tardo-antiche e medievali.
Per il territorio sono documentate le fasi finali dell’Età del Bronzo a Castellonchio, la cui continuità di frequentazione giunge sino ad epoca ellenistica. In pieno periodo arcaico si consolidano le presenze insediative delle aree controllate da Volsinii etrusca coi numerosissimi pagi o castella satelliti di tale centro collocati in un più ampio raggio. In epoca ellenistica si assiste ad un parziale ribaltamento della situazione d’età arcaica: le presenze sul territorio si intensificano nelle aree più prossime alla rupe, a causa delle forze centrifughe che emergono in seguito ai rapporti socio-politici instauratisi in ambito urbano fra classe gentilizia e ceti subalterni. Si tratta dei prodromi della situazione che determinerà l’intervento romano nel 264 a.C., con la conseguente deportazione della popolazione volsiniese sulle sponde del lago di Bolsena. Le classi più abbienti si ritirano nelle residenze extra urbane e fioriscono i nuclei di necropoli. Le vie di transito sono sempre costituite sia dai corsi d’acqua, con l’interessante sito di Pagliano e dalla via Cassia, realizzata fra il 171 ed il 154 a.C., la quale conserva ancora interesse per l’area prossima alla rupe, diversamente da quanto poi pianificato nel 108 d.C. per la via Traiana Nova. Da capitale etrusca oggi Orvieto è anche la capitale delle Città Slow. La città ed il territorio sono caratterizzati da una viva tradizione enogastronomia nella quale un posto di prestigio è ricoperto dalle produzioni vitivinicole, valorizzato anche dalla strada dei Vini Etrusco-Romana, che comprende tutta la provincia di Terni, coi centri di riferimento rappresentati dall’Enoteca Regionale e dal Palazzo del Gusto.

IN CITTÀ

Duomo

Cappella di San Brizio

Museo MODO

Chiesa di Sant’Andrea e suoi sotterranei

Torre del Moro e Palazzo dei Sette

Museo Archeologico Nazionale

Museo dell’Opera del Duomo

Necropoli di Crocifisso del Tufo

Anello della Rupe – PAAO

Necropoli e Santuario di Cannicella

Muro etrusco di via della Cava

La Torre di Maurizio

Pozzo di San Patrizio

Pozzo della Cava

Orvieto Underground

Il Labirinto di Adriano

Teatro Mancinelli

Chiesa di San Giovenale

Chiesa e convento di San Giovanni

Chiesa di San Domenico

Fortezza Albornoz

Piazza della Repubblica e Palazzo Comunale

Piazza del Popolo e Palazzo del Capitano del Popolo

Mausoleo del cardinale Guillaume De Bray

Palazzo Faina

Museo Archeologico Claudio Faina

DINTORNI

Palazzo Simoncelli a Torre San Severo

Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico-Ambientale Monte Peglia Selva di Meana S.T.I.N.A.

Castello di Tordimonte

Villa Ciconia


Fanum Voltumnae

Area Archeologica del Porto di Pagliano

Passa sopra i punti attivi per leggere le descrizioni

Chiesa del Crocefisso del Tufo
(visitabile esclusivamente con gruppi organizzati)
Cappella rupestre con un crocefisso intagliato nella roccia vulcanica, probabilmente risalente al XVI secolo.

Chapel of Crocefisso del Tufo
(open only for guided tours)
A rock-cut chapel with a crucifix carved into the volcanic rock probably around the 16th century.

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Necropoli etrusca del Crocefisso del tufo
Ampio settore della necropoli anulare di Velzna (Volsinii) caratterizzata da un regolare impianto urbanistico con tombe a dado (sec.VI -V a.C.)

Etruscan necropolis of Crocefisso del Tufo
A large sector of the annular necropolis of Velzna (Volsinii) characterized by a regular urban layout, with cube tombs (6th-5ft cent. B.C.).

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Porta vivaria
Rampa verticale e resti della porta settentrionale medievale della città detta anche dello Scenditoio.

Porta vivaria
Vertical ramp and remains of the medieval north gate of the city known also as dello Scenditoio.

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Grotta della Fungaia
(visitabile esclusivamente con gruppi organizzati)
Enorme cavità artificiale originariamente sfruttata quale cava di pozzolana e successivamente per la coltivazione di funghi.

Mushroom grotto
(open only for guided tours)
Enormous artificial cavity originally exploited as a pozzolana quarry and subsequently used for growing mushrooms.

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Piagge e funicolare
Resti del tracciato medievale selciato che univa la porzione orientale della Rupe con la valle del fiume Paglia e galleria della funicolare, inaugurata nella sua prima versione nel 1888, che collega Orvieto con la stazione ferroviaria.

Piagge (slopes) and funicular (rail cable car)
Traces of the medieval cobblestone road that joined the eastern part of the cliff with the valley of the Paglia River and the gallery of the funicular, inaugurated in its first version in 1888, connecting Orvieto with the railroad station.

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Madonna della Rosa
Resti della piccola chiesa seicentesca dedicata alla Vergine Maria.

Madonna della Rosa
Ruins of the small seventeenth-century church dedicated to the Virgin Mary.

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Porta Rocca (o Soliana)
Porta orientale detta anche porta Postierla o porta Rocca, accesso medievale alla città.

Porta Rocca (or Soliana)
Eastern city gate known also as Porta Postierla or Porta Rocca, medieval entrance to the city.

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Grotta dei tronchi fossili
(visitabile esclusivamente con gruppi organizzati)
Cavità artificiale con resti paleobotanici riferibili all’ecosistema precedente la formazione della Rupe (350.000 anni fa ca.).

Grotto of the fossil trunks
(open only for guided tours)
An artificial cavity with paleo-botanical remains that can be referred to the ecosystem preceding the formation of the Cliff (about 350,000 years ago).

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Palazzo Tiberio Crispo e accesso al parco
Edificio rinascimentale disegnato da Antonio da Sangallo e terminato da Simone Mosca, accanto al quale è stata realizzata una delle moderne porte d’accesso al parco.

Palazzo Tiberio Crispo and gate to the park
Renaissance building designed by Antonio da Sangallo and finished by Simone Mosca. One of the modern entrances to the park is located next to it.

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Necropoli etrusca di Cannicella
(visitabile esclusivamente con gruppi organizzati)
Settore della necropoli anulare di Velzna (Volsinii) (sec. VI – IV a.C.).

Cannicella Etruscan necropolis
(open only for guided tours)
Sector of the Velzna (Volsinii) annular necropolis (6th-4th cent. B.C.)

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Santuario di Cannicella
(visitabile esclusivamente con gruppi organizzati)
Resti del santuario etrusco inserito nel tessuto della necropoli. Da esso provengono la famosa statua in marmo greco detta “Venere” e decorazioni architettoniche di VI-V e IV sec. a. C.

Sanctuary of Cannicella
(open only for guided tours)
Remains of the Etruscan sanctuary where the famous statue in Greek marble known as “Venus of Cannicella” was found and architectural decorations dating to the 6th-5th and 4th cent. B.C., set into the fabric of the necropolis.

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Rupe e cavità artificiali
Visione panoramica della rupe e delle aperture delle grotte che si affacciano a varie altezze lungo la parete verticale.

Cliff and artificial cavities
Panorama of the cliff and the apertures of the countless grottos that open at various heights along the vertical cliff wall.

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Acquedotto medievale
Resti dell’acquedotto che serviva Orvieto già nella prima metà del XIII secolo.

Medieval aqueduct
Modular stone elements used for the Orvieto aqueduct as early as the first half of the 13th century.

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Porta Maggiore
Il più antico accesso monumentale alla città già da epoca etrusca, posto sulla via che porta al lago di Bolsena.

Porta Maggiore
The oldest monumental access to the city, since the Etruscan period, leading to the Bolsena lake.

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Montegabbione https://paao.it/2020/01/29/montegabbione/ Wed, 29 Jan 2020 08:15:57 +0000 https://demosites.io/museum/?p=1 Frazioni e località: Castel de’ Fiori, Montegiove, Faiolo.www.comuni-italiani.it/055/020/ IN CITTÀ Castello di Montegabbione Il Castello di Mantegabbione (fondato intorno all’anno 1000) deve considerarsi il primo nucleo del paese. Tale costruzione denota lavori di rifacimento che ne hanno alterato le strutture originarie, come si vede dai muri esterni che recano tracce di finestre aperte e chiuse… Read More »Montegabbione

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Frazioni e località: Castel de’ Fiori, Montegiove, Faiolo.
www.comuni-italiani.it/055/020/

IN CITTÀ

Castello di Montegabbione

Il Castello di Mantegabbione (fondato intorno all’anno 1000) deve considerarsi il primo nucleo del paese. Tale costruzione denota lavori di rifacimento che ne hanno alterato le strutture originarie, come si vede dai muri esterni che recano tracce di finestre aperte e chiuse variamente. Da notare architravi di finestre e porte in pietra morta di Montarale, i resti di supporto di un balcone d’angolo guardante verso la Toscana, ed il calatoio (specie di condotto murale esterno) che, probabilmente, era un passaggio supplementare di sicurezza verso la macchia. I lavori di restauro hanno rimesso parzialmente in evidenza anche una specie di cortile interno del castello. Al castello si affiancano costruzioni, (oggi completamente rinnovate), che sono da considerarsi il suo naturale prolungamento, quali le case Vergari, Saravalle e il blocco che comprende l’attuale Municipio e le case tra le quali quella Frasconi che è prospiciente la piazzetta della torre e dove si puo osservare un finestrone ed un portale che, probabilmente, sono di epoca tardiva (1700).
Da www.comune.montegabbione.tr.it

Torre di Montegabbione

Risale probabilmente al sec. XV. Essa è di chiara impostazione architettonica militare; ha il basamento a tronco di piramide; è costruita con pietra viva martellinata e squadrata, con strette feritoie. Sul culmine della torre, una serie di merli isolati sembrano rivelare l’esistenza di un frontone aggettante ora scomparso. Tuttavia l’altezza e la merlatura della torre non sono probabilmente quelle originali, poiché rivelano un restauro eseguito ai primi dei ‘900. La malta usata per la sua costruzione risulta durissima, a prova di scalpello, non soltanto per il normale processo chimico di disidratazione della calce viva, ma anche perché questa era impastata con una qualità di pozzolana arenaria altamente coibente, e la cui cava doveva trovarsi verso il Pian di Faiolo (da non confondersi però con quella arenaria gialla sfruttata e abbandonata in epoca più recente).
Da www.comune.montegabbione.tr.it

Chiesa di Maria SS. Assunta in Cielo

È l’attuale chiesa parrocchiale di Montegabbione. La prima pietra fu posta il 29 giugno 1873 da Mons. Antonio Briganti Vescovo di Orvieto ed i lavori vennero affidati all’arch. Nazzareno Biscarini di Perugia. Essa sorge in prosecuzione dell’antica cappella circolare e dell’annessa torre campanaria (forse un tempo facente parte del complesso del castello), ambedue in pietra viva, ed in parte poggia sull’antico cimitero (che è stato portato fuori le mura nel 1864). Alla fabbrica della chiesa contribuirono tutti i montegabbionesi, sia trasportando a braccia, ogni domenica, gran parte delle pietre occorrenti, sia versando, complessivamente in sei anni, circa lire 2.500. Sul “Corriere dell’Umbria” nel 1874 apparve anche una polemica tra Celestino Lemmi, che osteggiava la “fabbrica” (benché suo padre Costanzo fosse stato Presidente della commissione edificatrice) ed il sindaco Giovanni Duranti. Il pievano Luigi Galli la annotava nel suo diario del giugno 1874. Altre eco si ebbero su “La Frusta”, giornale politico morale dell’epoca. L’inaugurazione avvenne il I Ottobre 1876: bella e maestosa, in svelta architettura di stile bizantino, ornata di stucchi e di graziosi lavori in plastica di terracotta eseguiti con gusto squisito e raffinata precisione dagli artisti perugini Francesco Biscarìni e Raffaele Angeletti, si presenta grave e severa nella facciata anch’essa ornata in terracotta. All’interno vi sono tre altari, con mensa di pietra, in terracotta: l’altare maggiore, dedicato a Maria S.s.ma Assunta in cielo; l’altare di S. Giuseppe, patrono del comune di Montegabbione e l’altare di Maria S.s.ma. La manutenzione del primo spettava al parroco, quella del secondo al Comune e quello dei terzo alla Confraternita. In fondo alla chiesa v’è la cantoria, sopraelevata, con un organo a mantice, opera di Nicomede Agati di Pistoia che costò a quel tempo circa 1.500 Lire. Attigua alla chiesa parrocchiale vi sono la cappella del SS.mo Sacramento (già dedicata alla S. Rita) e la sacrestia. Accanto alla chiesa v’è attualmente un campanile in struttura di cemento, costruito negli anni cinquanta, in sostituzione dei vecchio completamente degradato e rivestito nel 1998 in mattoni simili a quelli della facciata della Chiesa.
Da www.comune.montegabbione.tr.it

DINTORNI

Chiesa di Maria SS. delle Grazie

Sorge ai piedi del colle di Montegabbione: il titolo di questa chiesetta è tipicamente rinascimentale e tradisce chiaramente il suo carattere di tempio votivo; anche la linea architettonica esterna, a forma di croce latina, e la cupola cilindrica sono da considerarsi rinascimentali mentre, all’interno, altare maggiore e stucchi sono di derivazione barocca. Alla costruzione primitiva si aggiunsero, più tardi, sacrestia e abitazione: segno che andava acquistando una certa importanza come “santuario” locale. Di notevole interesse artistico l’affresco posto sopra l’altare maggiore, rappresentante una “Madonna del latte”, forse della scuola del Perugino. A questa chiesa era annesso il beneficio terriero della Collegiata, che si polverizzò nel secolo scorso a seguito delle leggi sull’incameramento dei beni ecclesiastici.
Da www.comune.montegabbione.tr.it

Cappella del Camposanto

Sorge al centro della facciata del cimitero, sul piede di Montarale; e fu eretta dal Municipio nel 1864 e originariamente intitolata a S. Girolamo, dottore della Chiesa. Essa venne però demolita nel 1880 e ricostruita in stile con il nuovo cimitero, con cortina in lavoro laterizio arrotato e ornata in terracotta. Fu dedicata questa volta al Ss. Crocifisso e a S. Benedetto Giuseppe Labre, il pellegrino di cui si ricordava un prodigioso avvenimento nella chiesa, ormai in degrado, della Madonna del Carmine. L’interno della cappella è in stile latino, con grazioso altare in isola e piccolo presbiterio; nel mezzo vi è un sepolcro per gli ecclesiastici.
Da www.comune.montegabbione.tr.it

Cappella di Sant’Anna

Recentemente restaurata, sorge sul pendio della collegiata, fu restaurata nel 1861 dal pievano Luigi Galli, che nel 1879 la completò con la costruzione di un altare. Fino a circa venti anni fa era annualmente meta di numerosi fedeli.
Da www.comune.montegabbione.tr.it

Chiesa di Maria SS. delle Rose

Chiesa di Maria SS. delle Rose e’ il titolo dell’antica chiesa di Faiolo, di mediocre fattura, costruita ad intravatura con cavalloni, la cui erezione sembra essere avvenuta ex voto. Nel secolo scorso il patronato della chiesa era affidato alla famiglia Caravaggi ed annessi alla stessa erano due piccoli appezzamenti di terreno. All’interno v’è un solo altare sovrastato dall’affresco di una Madonna. Sulla destra, appena fuori dell’abside, v’è un altro affresco mariano, piuttosto sbiadito che può farsi risalire al secolo XV.
Da www.comune.montegabbione.tr.it

Chiesa di San Lorenzo

Sorse a Montegiove nel 1245. Restaurata più volte serba le ultime tracce dell’antica origine nella bella porta a sesto acuto in alabastrina chiara e pietra scura con un grazioso meandrino a punta di diamante all’imposta dell’arco. Fiancheggiata da una torre campanaria che l’Arch. Misciattelli all’inizio di questo secolo intonò molto bene allo stile primitivo della chiesa, fu restaurata nel 1954. Nel restauro è stato tenuto in debito risalto tutto quanto poteva rimanere dell’antica chiesa. Conservato gelosamente il portale, ripristinata l’abside e le cappelle di fondo, riaperta nella facciata una bifora in luogo dell’occhio di cui non restava nemmeno una pietra, aboliti i quattro ingombranti altari fatiscenti e senza interesse artistico. Non è stato possibile ritrovare i due archi a sesto acuto che costituivano la struttura dell’abside antica.
Da www.comune.montegabbione.tr.it

Cappella della Beata Angelina

Fu eretta dal Marchese Lorenzo Misciattelli, all’interno dei castello di Montegiove, all’inizio del XX° secolo, in onore d’Angelina dei Conti di Montegiove (nata nel 1357 e morta a Foligno nel 1435), fondatrice delle Suore Terziarie Francescane Regolari Claustrali, che fu proclamata beata da Leone XII nel 1825.
Da www.comune.montegabbione.tr.it

Cappella della Madonna di Lourdes

Sorge sul pian di Borgone, ed è stata recentemente restaurata. Essa fu eretta da un’infermiera di nome Leonilde Frascarelli, nativa di Montegiove, alla fine del XIX secolo. Una semplicità francescana risulta nelle forme esteriori, unita ad una semplificazione geometrica ove il colore grigio delle pietre è in perfetta armonia con il verde delle querce circostanti. Reliquie e riconoscimenti riportati dall’infermiera nelle sue peregrinazioni tappezzano le pareti interne; sul fondale dell’abside si erge la statua della Vergine di Lourdes, all’interno di una grotta realizzata con piccole rocce raccolte nei torrenti circostanti.
Da www.comune.montegabbione.tr.it

Madonna del Monte, San Pietro, San Giuseppe lavoratore

A breve distanza da Ierna, centro abitato situato nel distretto di Piegaro e noto nel medioevo come Villa Pratalenza, sulla via che conduce a Greppolischieto, esisteva fino a pochi decenni or sono una piccola chiesa denominata Madonna del Monte ed eretta molto probabilmente nel XV secolo: aveva pianta rettangolare, soffitto a capriate, unico altare dedicato alla Vergine, campanile a vela con una sola campana. Nella chiesa, di proprietà privata ma ad uso della comunità, si celebrava unicamente nei giorni festivi e nella ricorrenza delle principali solennità mariane. Nel giorno poi dell’Ascensione vi si celebravano offici di più messe, alle quali assistevano anche i numerosi fedeli che, per antica tradizione, vi si recavano in solenne processione da Ierna. Nel 1956 un fulmine si abbattè sulla chiesa ed il conseguente incendio determinò il crollo completo del tetto. Non potendo o non volendo i proprietari provvedere al rifacimento, la chiesa fu sconsacrata e, per venire incontro alle necessità dei fedeli della zona, con il contributo determinante del Ministero dei Lavori Pubblici, venne eretta nel 1959, in luogo più idoneo, cioè all’inizio del villaggio, una nuova chiesa, dalla linea architettonica semplicissima, dedicata a San Giuseppe lavoratore. L’edificio è a pianta rettangolare e a navata unica e presenta internamente un solo altare. Della solitaria e caratteristica chiesa della Madonna del Monte rimangono attualmente solo i ruderi.
Nel distretto parrocchiale di Ierna si trova perciò anche la chiesa di San Giuseppe lavoratore ed anche un’altra, quella di San Pietro: la prima è ubicata in località Pratalenza, la seconda si trova in località Vignaie ed è stata ristrutturata da Bruno Sargentini e ridotta a cappella privata.
Della chiesa di Madonna del Monte, fino a qualche anno fa, erano visibili i ruderi ma con il tempo anche l’ultimo sasso è stato portato via per necessità, credenza o superstizione. Non sono più visibili neanche le fondamenta in quanto si racconta che numerose persone nel corso del tempo abbiano scavato alla ricerca dell’oro; infatti si è tramandata la notizia che gli eremiti che abitavano nella zona possedessero numerose “piastrine d’oro”, “merenghe”, molti “soldi” che le persone andavano cercando. Territorialmente la chiesa della Madonna del Monte era costruita lungo la strada che congiunge Monte Arale a Montegiove all’incirca 100 metri dal crocicchio delle strade Monte Arale – Montegabbione e Monte Arale – Montegiove.
Da www.comune.montegabbione.tr.it

Recinto fortificato e necropoli di Poggio della Croce

Il recinto fortificato è situato a pochi chilometri da Montegabbione, sul Poggio della Croce, un rilievo di forma allungata, formato da due sommità arrotondate – una a 614 l’altra a 617 m. s.l.m. – unite da una sella centrale. Il recinto, che occupa la cima occidentale del poggio, ed ha un diametro di 25 metri, è composto da blocchi e lastre di calcare estratti localmente, sovrapposti a secco senza un ordine apparente, per uno spessore di circa 4 metri al culmine e di circa 5 metri alla base e con un’altezza presumibile di 7-8 metri. All’esterno del recinto inoltre, ad est di esso, un allineamento di pietre, con un curioso andamento a tenaglia: sorta di avancorpo limitatamente fortificato con entrata sul lato est, probabilmente successivo al vero e proprio recinto fortificato e che forse serviva da zona scoperta per il ricovero dei cavalli. Allo stato attuale si può ritenere che il recinto fortificato sia stato utilizzato con finalità di difesa e di controllo del territorio. Da qui infatti è possibile dominare le strade che collegavano Città della Pieve con Ficulle-Orvieto e quelle verso Piegaro, Montegiove, Marsciano e la valle del Tevere. Questo insediamento ebbe forse la sua maggiore importanza strategica nell’Alto Medioevo, presumibilmente nell’epoca delle guerre gotico – bizantine e nel successivo periodo dell’invasione longobarda, ma il sito deve essere stato utilizzato anche precedentemente. Lo scavo, compiuto dalla Soprintendenza Archeologica per l’Umbria nell’autunno del 1987, ha infatti portato alla luce un’armilla (braccialetto in bronzo) tardo-antica e pochi frammenti di ciotola di epoca protostorica.
La necropoli occupa la cima orientale del Poggio della croce. In quest’area sono emerse alcune tombe racchiuse all’interno di un’area recintata, caratterizzate da sepolture multiple, scavate nel terreno, rivestite da lastre di pietra, pavimentate da altre lastre e coperte da lastroni. In virtu’ di tali caratteristiche e di alcuni reperti emersi, come ad esempio una lucerna, frammentaria ma quasi interamente ricostruibile, con disco decorato di petali e croce sul beccuccio, di un tipo diffuso nel V-VI sec.d.C., imitazione locale delle lucerne c.d . “africane”, il complesso è attribuibile alla civiltà longobarda.
Da www.umbria.ws/montegabbione
www.casteldifiori.altervista.org/castellieri.htm

Castello e Torre di Castel di Fiori

Castel di Fiori, frazione di Montegabbione, è un piccolo borgo che al censimento del 2001 contava 16 anime ed oggi non più di 20. L’abitato dista circa 2 km da Montegabbione ed è a 540 m s.l.m., recentemente ristrutturato, mantiene intatto il fascino medievale. Nel 1350 sicuramente già esisteva il castello, che segnava i confini del territorio orvietano. Non doveva però costituire una buona “guardia” se i Signori di Orvieto nello stesso anno decisero di muovergli contro. Nel 1380 il castello fu oggetto di contesa tra i Montemarte e i Monaldeschi della Vipera da una parte e i Cervara dall’altra. Ma solo sette anni dopo il castello subì un parziale diroccamento a seguito di una guerra tra i Signori di Orvieto. Dodici anni dopo la storia si è ripetuta con danni più gravi sia per il castello che per la torre.
La Torre di Casteldifiori fa parte del complesso del castello, e risale ai primi dei 1200. Essa, per la posizione ai confini dei territorio orvietano, sorse e venne utilizzata come torre di avvistamento. Seguì le sorti del castello, rimanendo gravemente danneggiata sul finire del 1300. Un tentativo di restauro fu effettuato intorno al 1930, mentre un restauro più serio è stato effettuato sul finire del secondo millennio.
Da www.comune.montegabbione.tr.it
www.umbria.ws/montegabbione

La Scarzuola

La Scarzuola è una località rurale della frazione di Montegiove nel comune di Montegabbione. Si narra che nel 1218 vi dimorò San Francesco di Assisi costruendosi una capanna fatta con la scarsa, (pianta palustre, da cui il nome Scarzuola). Il Santo vi fondò un Convento piantando un alloro e una rosa e creando una fonte alla quale la gente porta ancora molta devozione. Successivamente, per ricordare l’avvenimento, i Conti di Marsciano vi fecero costruire una chiesa e successivamente un convento, entrambi affidati ai Frati Minori, che vi rimasero fino agli ultimi anni del Settecento, quando ne presero possesso i Marchesi Misciatelli di Orvieto. All’interno della chiesa si incontrano quattro Cappelle, due sfondate d’ugual grandezza, una di rimpetto all’altra, dedicate una al glorioso P.S. Francesco Stimmatizzato e a San Carlo Borromeo; e le altre due, una consacrata all’Immacolata e l’altra a San Pasquale Baylon. La Cappella poi dell’Altar Maggiore è tutta di pietra concia partitamente dorata, con sopra l’arme intagliata de’ Signori Conti di Marsciano dedicata alla Gloriosissima Vergine Annunziata. L’abside della Chiesa custodisce un affresco della prima metà del XIII secolo che ritrae S.Francesco in levitazione datato 1250.
Nel 1956 il complesso conventuale venne acquistato e restaurato dall’architetto milanese Tomaso Buzzi (1900-1981), che progettò ed edificò tra il 1958 e il 1978 a fianco del convento la sua Città Ideale, concepita quale “macchina teatrale”. La città Buzziana, che comprende un insieme di 7 teatri, ha il suo culmine nell’Acropoli: una montagna di edifici costituiti da una numerosa serie di archetipi che, vuoti all’interno e dotati di tanti scomparti come in un termitaio, rivelano molteplici prospettive. Una relazione di tipo iniziatico viene a stabilirsi tra il convento (città sacra) e le fabbriche del teatro (città profana), sovraccariche di simboli e segreti, di riferimenti e di citazioni. Ispirato all’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna (1499), lo stile che meglio interpreta la sua lincenza è il neomanierismo che egli identifica: nell’uso di scale in tutte le direzioni, volute sproporzioni di alcune parti, un pò di mostri, affastellamento di edifici, di monumenti, che arriva ad un surrealismo, un che di labirintico, di evocativo, di geometrico, di astronomico, di magico.
Da www.comune.montegabbione.tr.it
www.umbria.ws/montegabbione
www.lascarzuola.com
www.museiprovinciaterni.it/context_musei.jsp?ID_LINK=584&area=47

Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico-Ambientale Monte Peglia Selva di Meana S.T.I.N.A.

Il Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale (S.T.I.N.A.) Monte Peglia e Selva di Meana comprende tre aree naturali protette separate tra loro, ma tutte ricadenti in un ambito più vasto che è quello di pertinenza della Comunità Montana Monte Peglia e Selva di Meana. L’area più vasta è quella di Allerona-Selva di Meana, segue poi quella della Melonta-Bosco dell’Elmo, molto interessante sotto il profilo floristico-vegetazionale ed infine l’area protetta di San Venanzo, che comprende anche una zona vulcanologica. L’ambiente montano del Gruppo Peglia è caratterizzato da cerrete, ma anche da estese pinete; ricchissima è la flora calcolabile in oltre un migliaio di specie.
Da www.parks.it/parco.monte.peglia.selva.meana/index.php
www.umbria.ws/montegabbione

Castello di Montegiove

Il Castello di Montegiove si erge su un colle boschivo nel cuore della verde Umbria, al confine tra Orvieto e Perugia ed è uno dei castelli più antichi della regione. Venne eretto intorno al 1280 ad opera della Famiglia Bulgarelli, conti di Marsciano, e deve il suo nome all’esistenza di un tempio romano dedicato a “Iuppiter elicius” confermata dal rinvenimento di due teste votive in terracotta della divinità. Nel corso dei secoli la proprietà del castello passò per diverse mani, divenendo tra l’altro dimora della Beata Angelina, dei Monadelschi della Vipera e del celebre condottiero Gattamelata. Dal 1780 appartiene ai Marchesi Misciattelli che, unificando l’antico feudo e la proprietà del castello, lo adattarono a scopi agricoli.
Il complesso edilizio è stato dichiarato d’interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1089/39 (legge Bottai) con decreto del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali del 30 agosto 1994. Il complesso copre una superficie di circa 2600 mq e si sviluppa sulla sommità della altura, da cui prende la sua forma ovoidale con l’asse maggiore disposto secondo la direzione nord-sud. Esso mantiene ancora le sue caratteristiche di Borgo fortificato: con due torri laterali che dominano la vallata e un ingresso fortificato con ancora in vista le testimonianze di un ponte levatoio. All’interno delle mura si apre un vasto cortile con un pozzo centrale delimitato da due edifici a nord, dalla fattoria ad est e da una cortina di lecci ad ovest sistemati in forma geometrica a rafforzare la tipologia dello spazio concluso, tipico di tali insediamenti. Gli edifici attuali risentono dei vari interventi che si sono succeduti nel corso del tempo e il passaggio dalla fortezza alla tipologia residenziale.
Da www.castellomontegiove.com
http://www.ilcastellodimontegabbione.it/PagineIlGobbo/IlGobbo-CastelloMontegiove.htm

BIBLIOGRAFIA

  • AAVV, Un itinerari archeologico, Comune di Montegabbione, IV Rassegna dell’economia e della culura, Montegabbione, 1989.
  • Aisa C. Giambanco I. Lispi R. Sorcetti F., Studio anatomico dei resti scheletrici rinvenuti dalla Soprintendenza Archeologica per l’Umbria presso Castel di Fiori, Dipartimento di medicina sperimentale e scienze biochimiche Università degli studi di Perugia, Perugia, 1988.
  • Bruschetti P., Indagine archeologica su un recinto fortificato e su una necropoli presso Montegabbione, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, Perugia, 1988.
  • Caponeri M., a cura di, Statuto di Montegabbione, Deputazione di storia patria per l’Umbria, Perugia, 2012.
  • Luana Mencarelli, Ecomuseo, il museo del futuro. Un percorso attraverso le chiese rurali del Comune di Montegabbione (TR) , Tesi di Laurea, Università degli Studi di Perugia, aa 2008/2009.
  • Pasquini Ciurnelli M., Il santuario della Madonna delle Grazie in Montegabbione, Montegabbione, 2004.
  • Piselli D., Proposta di studio sulla comunità di Montegiove, Panoramica storica dal 1778 al 1869 con dettaglio dei monumenti del 1831, Montegabbione, 2015.

 

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Castel Viscardo https://paao.it/2020/11/22/castel-viscardo/ Sun, 22 Nov 2020 18:30:40 +0000 https://devel.paao.it/?p=178 Frazioni e località: Pianlungo, Le Prese, Monterubiaglio, Vicenowww.comuni-italiani.it/055/010/ IN CITTÀ Chiesa del SS.mo Crocefisso La chiesa del SS.mo Crocifisso ha festeggiato nel 2012 il suo trecentenario: tre secoli di vita della piccola chiesa, tanto più importante perché anticamente linea di confine del paese verso il piano dell’Alfina (tanto che spesso è definita “rurale”) e, soprattutto,… Read More »Castel Viscardo

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Frazioni e località: Pianlungo, Le Prese, Monterubiaglio, Viceno
www.comuni-italiani.it/055/010/

IN CITTÀ

Chiesa del SS.mo Crocefisso

La chiesa del SS.mo Crocifisso ha festeggiato nel 2012 il suo trecentenario: tre secoli di vita della piccola chiesa, tanto più importante perché anticamente linea di confine del paese verso il piano dell’Alfina (tanto che spesso è definita “rurale”) e, soprattutto, l’unica della parrocchia voluta e costruita con le elemosine dei fedeli nel lontano 1712. In essa si conserva un Crocifisso di fine Seicento (definito nei documenti: “un Crocefisso di legno spirante e scolpito, et è miracoloso”) da sempre onorato dalla popolazione con una grande venerazione, riconosciuta nel tempo anche dai vari vescovi giunti in visita pastorale.
Da www.prolococastelviscardo.it/castel-viscardo-e-la-sua-storia/le-chiese-di-castel-viscardo

Chiesa di Sant’Antonio da Padova

La chiesa filiale dedicata a Sant’Antonio, patrono di Castel Viscardo, fu edificata nell’anno 1650, per volere del marchese Orazio Spada che acconsentì alla costruzione su richiesta di un predicatore quaresimale. La stessa fu benedetta il 1° aprile 1657 dall’allora parroco don Sebastiano Commandini. Anticamente si trovava sulla strada che portava fuori dal paese, verso Monterubiaglio o Orvieto; oggi è ubicata all’interno del paese nel rione omonimo, sviluppatosi intorno alla sua costruzione.
Da www.prolococastelviscardo.it/castel-viscardo-e-la-sua-storia/le-chiese-di-castel-viscardo

Oratorio ex chiesa di Sant’Agostino

La chiesa dedicata al culto di Sant’Agostino era anticamente denominata “Madonna del Giardino” (se ne hanno notizie dal 1616); in essa era eretta la confraternita del SS.mo Sacramento, poi, dall’Ottocento, le confraternite riunite. La struttura si trovava extra et prope, letteralmente fuori, ma nelle vicinanze del Castello, dove un tempo era quasi isolata. Si tratta certamente di una delle prime costruzioni oltre le mura dell’iniziale incastellamento di fine Duecento, infatti, la precedentemente denominazione si deve alla stessa zona nella quale era eretta, ossia il giardino del castello, al di sotto del quale dal Cinquecento si sviluppava il primo nucleo esterno alla roccaforte.
Da www.prolococastelviscardo.it/castel-viscardo-e-la-sua-storia/le-chiese-di-castel-viscardo

Castello di Madonna Antonia

Il Castello di Viscardo, altrimenti detto di Madonna Antonia (così si trova indicato in molti documenti religiosi e civili almeno sino al XVII secolo, dal nome di una delle sue prime proprietarie), risale alla fine del 1200. Era realizzato a vari livelli e in diversi momenti, trasformandosi, nel corso dei secoli, da torrione a fortezza o rocca sino a essere un maniero, ossia una dimora signorile di campagna.
In un documento del 1708, la sua posizione geografica è così descritta:
«Castel Viscardo, in Diocesi, e Territorio d’Orvieto, lontano da questo miglia cinque, e da Acquapendente miglia sette, tra le quali due Città è posto in Monte sopra il Fiume Paglia, ma con pianura ampla, e bella verso Bolsena»; in un altro, invece, si legge: «Castel Viscardo, altrimenti detto di Madonna Antonia, è lontano dalla Città d’Orvieto circa sei miglia posto in luogo di buon Aria, con bella, et fruttifera Campagna»
Da www.comune.castelviscardo.tr.it/zf/index.php/storia-comune

Centro di Documentazione Multimediale del Cotto

Il Centro di Documentazione Multimediale del Cotto, di Castel Viscardo, occupa gli spazi riadattati di un ex lavatoio degli anni trenta e dell’adiacente granaio.
Al suo interno è ospitata una mostra permanente dedicata al mattone e ai prodotti che derivano dall’argilla, materia prima ricavata dai giacimenti circostanti il paese, che veniva lavorata manualmente avvalendosi di stampi lignei diversi a seconda del formato del mattone desiderato.
Da www.umbria.ws/content/centro-di-documentazione-multimediale-del-cotto-castel-viscardo
www.prolococastelviscardo.it/il-museo/index_html

DINTORNI

Chiesa dedicata ai Santi Giovanni Battista e Antonio da Padova, Monterubiaglio

Nel 1250, sui resti di un tempio romano, fu edificata la chiesa dedicata ai Santi Giovanni Battista e Antonio da Padova. La struttura architettonica conserva ancora intatta la forma originaria: una navata centrale affiancata da due navale laterali, con abside unica, priva di coro; la volta è a crociera, suddivisa in cinque spicchi, originariamente forniti di finestre; due di queste vennero chiuse successivamente da due dipinti di forma circolare con le immagini dei santi Antonio abate e Marco evangelista.
Da www.castelviscardo.info/territorio/monterubiaglio

Castello di Viceno, Viceno

Il castello di Viceno è tra i più antichi dell’orvietano, costruito intorno all’875.
Appartenne alla famiglia Simoncelli e nel 1646 fu acquistato da Orazio Spada impiegando il ricavato ottenuto dalla vendita dei beni ereditari del cardinale Fabrizio Veralli, fratello di suo suocero Giovanni Battista.
Da www.castelviscardo.info/territorio/viceno

Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico-Ambientale Monte Peglia Selva di Meana S.T.I.N.A.

Il Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale (S.T.I.N.A.) Monte Peglia e Selva di Meana comprende tre aree naturali protette separate tra loro, ma tutte ricadenti in un ambito più vasto che è quello di pertinenza della Comunità Montana Monte Peglia e Selva di Meana. L’area più vasta è quella di Allerona-Selva di Meana, segue poi quella della Melonta-Bosco dell’Elmo, molto interessante sotto il profilo floristico-vegetazionale ed infine l’area protetta di San Venanzo, che comprende anche una zona vulcanologica. L’ambiente montano del Gruppo Peglia è caratterizzato da cerrete, ma anche da estese pinete; ricchissima è la flora calcolabile in oltre un migliaio di specie.
Da www.parks.it/parco.monte.peglia.selva.meana/index.php
www.umbria.ws/castel-viscardo

Area archeologica di Coriglia

Below the town of Castel Viscardo there have been a series of water features that have persisted for more than 3000 years passing from Etruscan to Roman to Christian. We have been exploring the site in all its phases.
Da www.digumbria.com

Necropoli località Caldane

Compresa nel Parco Archeologico e Ambientale dell’Orvietano (PAAO), la necropoli si estende in un’area boscosa a nord-ovest di Castel Viscardo, nella valle del fiume Paglia. In luce dal 1986, è costituita da tombe a camera di modeste dimensioni, scavate nella roccia e precedute da un breve corridoio d’accesso (dromos). Ritrovate in parte già manomesse, quelle intatte contenevano ceramiche dipinte di produzione orvietana, buccheri, ma anche oggetti in metallo, come uno specchio etrusco in bronzo, inciso con raffigurazioni mitologiche. La necropoli risale per gran parte alla seconda metà del VI secolo a.C.
Da www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito
-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=153745&pagename=57

BIBLIOGRAFIA

  • AAVV, Quaderni monaldeschi: ambiente, storia, costume, Comune di Castel Viscardo, Castel Viscardo, 2014.
  • AAVV, Castel Viscardo : storia, arte, tradizioni a cura della Associazione Pro Loco di Castel Viscardo, Castel Viscardo, 2014;
  • Bizzarri C. – David B. G., Monterubiaglio e il sito archeologico di Coriglia, in Quaderni monaldeschi: ambiente, storia, costume, pp. 7 – 36, Comune di Castel Viscardo, Castel Viscardo, 2014.
  • Giuliani L. , Il SS.mo crocifisso di Castel Viscardo: una chiesa rurale di pia devozione, in Quaderni monaldeschi: ambiente, storia, costume, pp. 37 – 70, Comune di Castel Viscardo, Castel Viscardo, 2014.
  • Maffei M., Castel Viscardo e gli Spada, Castel Viscardo, 1990.
  • Moretti Giani S., Costruzione e fasi costruttive della chiesa medievale di Monterubiaglio, in Quaderni monaldeschi: ambiente, storia, costume, pp. 69 – 86, Comune di Castel Viscardo, Castel Viscardo, 2015.

 

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Castel Giorgio https://paao.it/2020/01/29/castel-giorgio/ Wed, 29 Jan 2020 08:57:48 +0000 https://demosites.io/museum/?p=16 Frazioni e località: Casa Perazza, Contrada Poderetto, Contrada Citernowww.comuni-italiani.it/055/009/ IN CITTÀ Palazzo Sannesio In uno dei punti più alti della Pieve di San Donato, Giorgio Della Rovere (vescovo di Orvieto dal 1476 al 1505) edificò un castello, per se e i suoi familiari nel cui interno fece costruire una chiesa ed un palazzo da adibire… Read More »Castel Giorgio

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Frazioni e località: Casa Perazza, Contrada Poderetto, Contrada Citerno
www.comuni-italiani.it/055/009/

IN CITTÀ

Palazzo Sannesio

In uno dei punti più alti della Pieve di San Donato, Giorgio Della Rovere (vescovo di Orvieto dal 1476 al 1505) edificò un castello, per se e i suoi familiari nel cui interno fece costruire una chiesa ed un palazzo da adibire a sede vescovile estiva. Di tale costruzione non rimane più oggi alcuna infrastruttura (eccetto una parte con la torre) poiché essa fu distrutta da guerre, saccheggi, incendi, intemperie e soprattutto dal terremoto del 6 dicembre 1957. Verso il 1610 il Cardinale Giacomo Sannesio (vescovo di Orvieto dal 1605 al 1621) diede inizio ad una grande opera di ricostruzione e ristrutturazione del castello edificato dal Della Rovere, del quale rimaneva ben poco. Il Sannesio lo ricostruì quasi del tutto, rendendolo più idoneo allo scopo per cui doveva servire come sede di villeggiatura per i vari vescovi.
Lo isolò dalle altre case e lo dotò di una chiesa, essendo stata la precedente distrutta da cause sconosciute, tanto che lo stesso Sannesio, durante la visita pastorale fatta alla nostra diocesi nel 1606, aveva potuto visitare solo la chiesa di Pecorone. I lavori terminarono nel 1620.
Una lapide ricorda l’attività del Sannesio che con un’opera di bonifiche e concimazioni rese i campi del territorio di Castel Giorgio più fertili e produttivi.
La funzione di sede vescovile estiva è durata fino agli anni ’50 del secolo scorso: dopo un periodo di abbandono ha ospitato le scuole medie fino al 2007, ora è sede della biblioteca comunale.
Da www.comune.castelgiorgio.tr.it
www.umbria.ws/castel-giorgio

Chiesa parrocchiale

Databile al XVII secolo, la chiesa di San Pancrazio si trova al centro del paese in Piazza Giorgio della Rovere. La rossa facciata è suddivisa da quattro scure lesene poste, a gruppi di due, a sostegno del timpano aggettante di coronamento. In basso si apre un semplice portale architravato e, al centro, una piccola finestra quadrata, entrambi ornati da una scura cornice in stucco. L’interno ha una sola navata con cappelle laterali ed abside semicircolare, un arco trionfale separa l’area absidale dal resto della chiesa. L’abside è stata affrescata in tempi recenti.
Da www.comune.castelgiorgio.tr.it

Palazzo Comunale

Edificato nel 1876, si affaccia sulla Piazza del Municipio. Ospita gli Uffici Comunali e la Sala consiliare destinata al Consiglio cittadino.
Da www.comune.castelgiorgio.tr.it

DINTORNI

Necropoli di Lauscello

Scoperta nell’ estate del 1889 la necropoli del Lauscello fu localizzata in un sentiero all’interno di una fitta macchia, ad ovest della via Cassia vi furono rinvenute quattordici sepolture già violate forse dai cercatori di tombe dell’antica Roma. La tipologia dei corredi è simile a quella già osservata nel ritrovamento di un’altra necropoli scoperta due anni prima sempre nei territori Castelgiorgesi, quella del Fattoraccio ambedue appartenenti all’ inizio del III secolo o fine IV. Nel 1993 dopo il ritrovamento a cura del Gruppo Archeologico Alfina di Castel Giorgio di alcune nuove violazioni delle tombe suddette, la Soprintendenza Archeologica per l’Umbria ha intrapreso una nuova campagna di scavi. Lo scavo, tuttora in corso ha permesso di ampliare la conoscenza sul livello sociale e culturale delle popolazioni ha cui appartengono le tombe scoperte,un popolo che si avviava verso l’ integrazione con i loro conquistatori i Romani.
Da http://www.castelgiorgionews.it/imperdibili/reperti/lauscello.htm
cms.provincia.terni.it/on-line/Home/TurismoTerni/Luoghi/Areearcheologiche/Areearcheologiche-Orvietano.html

Castello di Montalfina

E’ collocato su un’altura della campagna di Castel Giorgio. Baluardo posto a difesa delle terre dell’Orvietano contro l’Etruria ed il Lazio, deve il nome alla sua posizione su una “montagna posta al confine” (Montis ad fines).
Costruzione compatta, tutta merlata, in pietra di colore rosso. La struttura presenta quattro torri, una per ogni angolo del perimetro, di cui tre quadrate ed una rettangolare. Una quinta torre è al centro. Sul piazzale si trovano un pozzo del Trecento ed una chiesa neoclassica. La torre centrale del castello fu eretta, secondo la leggenda, tra il 756 ad il 774, dal re longobardo Desiderio. Il resto della struttura, risale al XII secolo, anche se l’edificio oggi visibile presenta un’architettura propriamente rinascimentale, a seguito delle decisive ristrutturazioni realizzate tra la seconda metà del XIV e tutto il XVI secolo. Nel 1184 fu saccheggiato da Arrigo, figlio del Barbarossa; all’ inizio del XIII secolo se ne impadronirono i Monaldeschi; fu poi conquistato dai Filippeschi (1314) e ripreso dai Monaldeschi (1316). Nel 1442 cadde nelle mani di Antonio Coletta detto il Ciarpellone, capitano delle truppe di Francesco Sforza; alla fine del ‘500 sotto Sforza Monaldeschi divenne dimora residenziale ma fu poi abbandonato. Il castello cadde in rovina nel secolo XVIII, quando i boschi limitrofi si riempirono di briganti, che assalivano i viandanti e gli abitanti. Dopo l’Unità d’Italia la proprietà passò ai conti Ravizza, che ne fecero la sede di una tenuta agricola.
Da www.comune.castelgiorgio.tr.it
www.umbria.ws/castel-giorgio

Palazzo Montiolo

Palazzo rinascimentale risalente al XVI secolo, immerso in un’area verde di grande pregio, conserva un chiaro aspetto di castello. Fu costruito lungo l’importante via di comunicazione che collegava Orvieto a Bolsena. Conobbe un periodo di grande splendore nel secondo Ottocento, quando fu proprietà di Filippo Antonio Gualterio prima e dei conti Faina poi.
Da www.comune.castelgiorgio.tr.it

BIBLIOGRAFIA

  • AAVV, Castel Giorgio tra storia e cronaca, Castel Giorgio, 1989
  • AAVV, La Canzone dell’Adelina, Quaderno di Studi e Ricerche – Biblioteca comunale Castel Giorgio, 2003.
  • AAVV, La festa del maggio, Quaderno di Studi e Ricerche – Biblioteca comunale C. Giorgio, Castel Giorgio,1997.
  • Ambrosini A, Castel Giorgio: giochi, tifo e sport dei padri, Castel Giorgio, 1999.
  • Bruschetti P., Castel Giorgio, Il Territorio dell’Alfina tra Orvieto e Bolsena, 1999.
  • Fabiani F., Viaggio nei sapori e nelle tradizioni dei paesi dell’Alfina, Annulli editore, Castel Giorgio, 2012.
  • Morucci M., Castel Giorgio Storia ed evoluzione, La Caravella editrice, Castel Giorgio, 2008.
  • Morucci M., Castel Giorgio: nascita di un paese, Intermedia editore, Castel Giorgio, 2010.
  • Prudenzi E., Castel Giorgio e i suoi 500 anni, Castel Giorgio, 1977.
  • Prudenzi E., Castel Giorgio: frammenti di vita contadina, Castel Giorgio, 2001.
  • Prudenzi E., Cronaca risorgimentale tra Castel Giorgio, l’Alfina e l’Orvietano – Biblioteca comunale Castel Giorgio, 2011.
  • Prudenzi E., La viabilità antica nell’Alfina, Quaderno di Studi e Ricerche -Biblioteca comunale Castel Giorgio, 2007.

 

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ALLERONA https://paao.it/2020/01/29/allerona/ Wed, 29 Jan 2020 08:58:59 +0000 https://demosites.io/museum/?p=17 Frazioni e località: Allerona Scalo, Palombarawww.comuni-italiani.it/055/002/ IN CITTÀ Chiesa della Madonna dell’acqua E’ una chiesa in stile settecentesco, dalla caratteristica forma ottagonale, costruita negli anni dal 1715 al 1723 su una preesistente cappella votiva del 1400 accanto ad una fonte d’acqua ritenuta prodigiosa. Il complesso, ad aula unica, è stato realizzato con i materiali reperibili… Read More »ALLERONA

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Frazioni e località: Allerona Scalo, Palombara
www.comuni-italiani.it/055/002/

IN CITTÀ

Chiesa della Madonna dell’acqua

E’ una chiesa in stile settecentesco, dalla caratteristica forma ottagonale, costruita negli anni dal 1715 al 1723 su una preesistente cappella votiva del 1400 accanto ad una fonte d’acqua ritenuta prodigiosa. Il complesso, ad aula unica, è stato realizzato con i materiali reperibili in loco (pietra e cotto) e nella parte interna è arricchito da elementi architettonici eleganti e slanciati che ne fanno un monumento di rara signorilità e bellezza. Sull’altare maggiore è raffigurata una Vergine col Bambino, l’altare di destra è sormontato da una tela raffigurante S. Pasquale Baylon e S. Bernardino da Siena, quello di destra invece è dedicato a S. Domenico di Guzman.
Da www.comune.allerona.tr.it

Palazzo comunale ed ex Dopolavoro

In Piazza Attilio Lupi si trova il Palazzo Comunale, costruito alla fine del 1800 secondo lo stile dell’epoca. Oggi vi trovano sede, insieme agli uffici municipali, l’ambulatorio medico, l’ufficio postale, la banca e la sede del Corpo Forestale dello Stato. Poco distante, proseguendo lungo Via Roma, troviamo l’edificio noto come “ex Dopolavoro”, che era la sede della Sezione locale del Partito Nazionale Fascista. La sua realizzazione ebbe inizio nel 1926, quando il Segretario Politico della Sezione del PNF di Allerona incaricò l’appaltatore Sig. Gregorio Canuti di provvedervi. Il Canuti, fra il 26 gennaio e il 24 febbraio 1926, progettò un edificio su due piani, uno al di sotto e uno al di sopra del livello stradale. Nel piano sottostante si sarebbe realizzato un solo locale aperto sul lato ovest da adibirsi ad uso di palestra; il piano sovrastante avrebbe invece compreso una sala per riunioni e feste e stanze di servizi e segreteria. Negli anni del secondo dopoguerra la sede del fascio fu trasformata nella parte superiore per ospitare le Scuole elementari; la parte inferiore divenne una sala per feste e riunioni pubbliche.
Da www.comune.allerona.tr.it

Palazzo Visconteo e Mura castellane

Il Palazzo Visconteo è situato sulla destra della Chiesa di Santa Maria. Qui risiedeva il Visconte che esercitava il comando quando Allerona era un castello dei Monaldeschi.
Il Palazzo, oggi di proprietà privata, è stato ampliato e arricchito nell’età rinascimentale. Imboccando la Via del Poggio si possono scorgere molti angoli suggestivi, alcuni nascosti, per arrivare in Via della Madonnina, dal fondo della quale si possono ammirare tratti delle originarie mura castellane.
Al di là di questi resti, Allerona conserva ben visibile la caratteristica di struttura fortificata.
Da www.comune.allerona.tr.it

Antico Ospedale dei poveri

All’angolo di via Centrale, si incrocia sulla destra via delle Fonti, percorrendo la quale si arriva alla piazzetta cosidetta del Fiore. In un piccolo stabile riconoscibile dal civico n° 3 ha avuto sede l’Ospedale dei Poveri, che dava rifugio a conforto a pellegrini, viandanti e nullatenenti. Fu eretto nel 1373, a seguito del testamento dei proprietari dell’immobile, ed ha svolto le proprie funzioni fino al 1739, quando fu sciolto per decreto del delegato dello Stato Pontificio che ne destinò tutti i beni terrieri all’Ospedale di Orvieto. Aveva due soli letti e, al piano superiore, una stanza riservata all’ospitalità del padre predicatore che veniva ad Allerona in periodo di quaresima.
Dalla piazzetta del Fiore si scorge, sulIa destra, la Porta della Luna che costituiva l’accesso secondario del Castello.
Da www.comune.allerona.tr.it

Società di Mutuo Soccorso

Percorrendo la via Centrale, al civico n° 89 si trova la sede della Società del Mutuo Soccorso costituita nel 1872, in un’epoca in cui non si era ancora sviluppata l’assistenza e la previdenza, da un nucleo iniziale di diciannove alleronesi, divenuti negli anni centinaia, con lo scopo di sovvenire, attraverso la mutualità, ai bisogni dei propri soci in caso di malattia o di impossibilità al lavoro. La Società ha effettuato anche il servizio del credito gestendo una Cassa di Depositi e Prestiti poi confluita nella Cassa di Risparmio di Orvieto. Messa in disparte durante il periodo fascista, la Società ha ripreso a funzionare nel 1946 per alleviare i disagi arrecati ai soci dalla seconda guerra mondiale e per venire in contro ai bisogni di carattere economico e morale dei più indigenti.
Ha definitivamente cessato le proprie attività intorno al 1970.
Da www.comune.allerona.tr.it

Porta del Sole

La Porta del Sole costituiva l’accesso principale all’antico castello feudale nel Medioevo, quando Allerona era un importante baluardo del Comune di Orvieto verso Chiusi, soggetto alle famiglie Monaldeschi che fecero erigere la roccaforte nel 1275, collocandola su una rupe naturale e difendendola alla sua destra con la costruzione di un fossato. Della tipica costruzione del castello medievale Allerona conserva ancora oggi la struttura, ben riconoscibile nelle mura perimetrali e nelle porte d’accesso al borgo antico, denominate Porta del Sole e Porta della Luna. Tra il 1494 e il 1495, durante la discesa in Italia, mentre era diretto alla conquista del regno di Napoli Carlo VII giunse sotto la Rupe di Orvieto e, non avendo ottenuto libertà di passaggio e viveri, con il suo esercito saccheggiò e distrusse tutto il territorio circostante, compreso il castello di Allerona. Il borgo castellare seppe tuttavia risorgere in fretta, tanto che meno di un secolo dopo, nel 1585, la Comunità si era riorganizzata con un proprio Statuto da cui sono desumibili, ancora oggi, gli aspetti civili, giuridici, economici, sociali e religiosi della vita cittadina.
Da www.comune.allerona.tr.it

Chiesa di Santa Maria Assunta

La chiesa plebana dedicata a S. Maria Assunta risale al XII secolo e da quel periodo fu a capo del piviere di Allerona inserito all’interno del contado orvietano. La chiesa, ad unica navata, è stata profondamente ristrutturata negli anni dal 1892 al 1897 su invito dell’allora vescovo di Orvieto Mons. Antonio Briganti e su disegni dell’architetto orvietano Paolo Zampi. L’abside è completamente decorato a tempera con scene di vita della Vergine Maria eseguite dal pittore senese Arturo Viligiardi nel 1896. Dello stesso autore sono anche le pitture della Cappella del Patrono S. Ansano, completamente restaurate. L’interno è adorno di terrecotte decorative fra cui spicca il pulpito, le finestre sono realizzate in fine alabastro.
Da www.comune.allerona.tr.it

Chiesa di San Michele Arcangelo

La Chiesa di San Michele Arcangelo è situata tra Via Roma e Via del Poggetto. La costruzione ha origini antiche come quelle di S. Maria Assunta (XII sec.) e vi era eretta la parrocchia che aveva la cura delle anime dei cittadini abitanti fuori dal perimetro delle mura castellane nelle campagne circostanti. Nel corso dei secoli ha subìto numerose ristrutturazioni.
Da www.comune.allerona.tr.it

Museo dei Cicli Geologici

Il Museo dei Cicli Geologici, nato da un progetto del Comune di Allerona in collaborazione con il CAMS (Centro Ateneo per Musei Scientifici) dell’Università di Perugia e con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, è stato istituito nel 2003 e documenta la storia geologica dell’Umbria sud-occidentale. Vi si conservano fossili marini pleistocenici e altri reperti geologici e botanici provenienti dal territorio intorno Allerona. Il museo nasce con l’obiettivo di sviluppare e implementare tanto la ricerca sui reperti fossili quanto la divulgazione scientifica, la didattica, l’educazione ambientale rivolgendosi a tutta la comunità locale, regionale e non, infine, contribuire a potenziare una nuova forma di ecoturismo già avviatosi nell’area. E’ Centro di Documentazione del territorio in cui i visitatori possono trovare informazioni, ampliare le proprie conoscenze ed apprezzare la storia di questi luoghi e toccare i “documenti naturali”: i fossili di molluschi, ricci, coralli, pesci, plancton ed altro che sono le tracce dell’antico mare pliocenico; in particolare i due scheletri di cetacei rinvenuti nel 2003 e nel 2007 nell’area di “Monte Moro”– un adulto ed un “cucciolo” – sono oggetto di interesse per la comunità scientifica mondiale. Il museo promuove ricerche scientifiche, programmi di educazione ambientale ed escursioni tematiche sul territorio, in collegamento con il Laboratorio Ambiente Distrettuale della scuola di Allerona.

Da www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=152959&pagename=57
museoallerona.blogspot.it

Museo dei Pugnaloni

Il pugnalone è un carretto non motorizzato, tipico di Allerona, trainato dal costruttore. Con questo termine vengono, però, anche designati i pungoli, attrezzi agricoli utilizzati nell’aratura a forma di sottile bastone con, ad un’estremità, un raschietto e, all’altra, un punteruolo. Il museo espone anche costumi dell’Ottocento e fotografie.
Da www.museiprovinciaterni.it/context_musei.jsp?ID_LINK=496&area=47
www.comune.allerona.tr.it

DINTORNI

Villa Chaen

Villa Cahen sorge sul crinale del monte Rufeno, in una magnifica posizione panoramica sulla riva del Paglia opposta a Torre Alfina. La Villa fu costruita nel territorio del Comune di Allerona nel 1880 dal ricchissimo finanziere di Anversa Edouard Cahen, il quale, innamorato dell’Italia e dei suoi paesaggi, aveva acquistato dalla nobile famiglia dei Bourbon del Monte la tenuta che si estendeva per una trentina di chilometri di circonferenza tra un crinale e l’altro della valle del fiume Paglia nella zona ora nota con il nome di Selva di Meana. La villa ha una forma esterna sobria ed elegante, nello stile dell’epoca, il Liberty, affermatosi durante l’ultimo quarto del 1800, quando da poco si era formata l’Italia come stato nazionale e la preoccupazione dichiarata degli uomini di cultura più in vista era quella di sollecitare la nascita di uno stile rappresentativo dell’unità raggiunta, in concomitanza per di più con il progresso industriale che in quel periodo produceva e utilizzava nuovi materiali per l’edilizia. Cahen volle rispettare le tendenze del suo tempo, in cui si faceva strada la presa di coscienza da parte di nobiltà e borghesia di essere al vertice di un’ascesa economica e di un prestigio che permetteva loro di potersi qualificare come casta dominante purchè le fosse data una riconoscibilità di gusto e cultura.
La struttura esterna della Villa è esaltata dalle superfici candide delle pareti cui aggiungono note di colore le persiane, le modulazioni degli aggetti e soprattutto il corpo ben funzionale della torretta. Il passaggio dall’esterno all’interno della Villa è sottolineato dalla varietà dei rapporti luminosi, dalla luce piena dell’esterno alla penombra fresca dell’andito, da dove si comincia a scoprire il mobile gioco delle luci e delle ombre che si riflettono su ambienti ricavati con estrema pulizia di forma e nitore geometrico. La Villa è distribuita su vari piani: un piano seminterrato adibito a magazzini e locali per i servizi elettrici e termici, un piano terra per le sale da studio, da ricevere e da pranzo ampie e signorili, un terzo piano per le camere da letto e loro annessi riservati ai proprietari, un ulteriore piano per le stanze da letto per la servitù. Temi importanti della costruzione appaiono, oltre alla già ricordata torretta in muratura, i numerosi particolari interni delle decorazioni a stucco, i vetri policromi, quasi come segni di una vivissima partecipazione affettiva dell’architetto e del costruttore, dell’arredatore e del proprietario tutti ugualmente mossi dall’ambizione di dar vita a nuove formule architettoniche che fossero specchio e simbolo di una nuova classe dominante.
Da www.comune.allerona.tr.it www.umbria.ws/allerona

Giardini di Villa Chaen

La caratteristica particolare e affascinante di Villa Chaen è costituita dal giardino, ricco delle più varie specie arboree e erbacee, anche rarissime, che il proprietario faceva arrivare dai luoghi più lontani. Più che un giardino l’area esterna a villa Chaen può definirsi come un vero e proprio “museo del giardino” poiché è organizzata in più giardini tematici ed è questo che dà particolare valore per rarità e precocità di realizzazione, al complesso. Altre particolarità sono costituite dalla limonaia e dalle serre per la protezione delle piante durante l’inverno. Recentemente è stato restaurato anche il giardino giapponese posto, nel parco, tra il giardino all’italiana e le serre.
L’immagine del giardino è stata modellata con quell’esigenza che muove gli animi a ricreare la natura secondo le varie poetiche del giardinaggio, facendo sì che si costituisca come oggetto di contemplazione vissuta. Una natura modellata come opera d’arte nella disposizione di alberi e piante, fiori e prati, con l’ornamento aggiuntivo di statue e mormorio di ruscelli e scrosciar di cascate, dove i colori e le luci e il canto degli uccelli offrono un tutto armonico per la contemplazione di chi vive il giardino vivendo nel giardino.
Da www.comune.allerona.tr.it www.umbria.ws/allerona

Area archeologica di Sant’Ansano

L’area archeologica di Sant’Ansano – sita poco fuori l’abitato di Allerona, nell’omonima località – è costituita da resti di costruzioni ad esedra e tutt’intorno da una abbondante ceramica di superficie di epoca romana del primo e secondo secolo d.C. Spiccano in particolare due monumenti funerari di epoca romana situati lungo un’antica strada. Uno di questi è stato trasformato in una cappella dedicata a Sant’Ansano, martire e patrono di Allerona.
Tale chiesa è documentata per la prima volta nel 1288, e già nel 1573 si trovava in grave stato di degrado. Da ciò che resta si ricava che l’edificio, oggi allo stato di rudere, era di modeste dimensioni, con la zona absidale ricavata appunto sfruttando una pre-esistente struttura romana. Nell’abside rimangono traccia di un affresco e tre tombe sottostanti un probabile presbiterio rialzato.
La stessa località rivela cospicue tracce di altre presenze di età romana, come tombe ad inumazione con protezione di tegole, pavimenti e opere di canalizzazione di una sorgente d’acqua, che fanno pensare alla presenza di una villa o di edifici direttamente legati all’utilizzo pratico o di culto della sorgente. Nell’estate del 2013 su iniziativa del Comune di Allerona l’area è stata interessata da una campagna di scavi eseguiti dagli allievi del College americano St. Anselm sotto la guida del professor David George, con il coordinamento tecnico scientifico dell’archeologo Claudio Bizzarri, presidente del Parco Archeologico dell’Orvietano.
Da www.umbria.ws/content/area-archeologica-di-sant-ansano-allerona www.comune.allerona.tr.it

San Nicolò della Meana

A circa 4 km. dall’abitato di Allerona Scalo si trova l’antico borgo di San Nicolò della Meana, proprio al centro di una tenuta che fu acquistata nel 1273 dal vescovo di Orvieto, che ne rivendette o affittò le terre agli abitanti del posto.
A lungo fu mantenuta ricca e adorna la chiesa intitolata a San Nicola da Bari, impreziosita da pitture ormai completamente distaccate, fra cui spiccava una delicata Madonna con Bambino opera di Sinibaldo Ibi.
Da www.comune.allerona.tr.it

Sant’Abbondio

È il nome di un ameno colle che sovrasta l’abitato di Allerona Scalo. Vi è situata la chiesa omonima già menzionata nei documenti storici del 1200 e appartenuta ai Canonici della Cattedrale di Orvieto.
Sono stati gli abitanti di Sant’Abbondio e quelli di Meana, confluiti negli anni lungo l’asse ferroviario, a costituire il primo nucleo attorno al quale si è progressivamente sviluppato l’agglomerato urbano che oggi si estende fra i due antichi borghi.
La chiesa di S. Abbondio è stata restaurata di recente per opera dei cittadini di Allerona Scalo.
Da www.comune.allerona.tr.it

San Pietro Aquaeortus

San Pietro Acquaeortus, piccolo borgo a 8 km. a nord di Allerona in direzione di Fabro, prende nome dal latino aquae ortus = sorgente d’acqua, in riferimento a una sorgente d’acqua che, secondo la leggenda, sarebbe scaturita miracolosamente sul luogo durante il passaggio di San Pietro apostolo, in viaggio per Roma dopo lo sbarco a Pisa durante il suo secondo ritorno in Italia. La sorgente sarebbe scaturita per permettergli di battezzare alcuni nuovi cristiani. Dal 1038 vi ha avuto sede un’abbazia governata secondo la regola benedettina, che fu unita nel 1247 a quella di Abbadia San Salvatore. I monaci vi risiedettero fino alla metà del 1600. La loro opera, specie nei primi secoli del loro insediamento, risultò di vitale importanza non solo sotto il profilo religioso, ma anche per le preziose attività di bonifica dei terreni e della regolazione idrica del corso dei fiumi e dei torrenti alle quali furono dediti.
Da www.comune.allerona.tr.it

Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico-Ambientale Monte Peglia Selva di Meana S.T.I.N.A.

Il Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale (S.T.I.N.A.) Monte Peglia e Selva di Meana comprende tre aree naturali protette separate tra loro, ma tutte ricadenti in un ambito più vasto che è quello di pertinenza della Comunità Montana Monte Peglia e Selva di Meana. L’area più vasta è quella di Allerona-Selva di Meana, segue poi quella della Melonta-Bosco dell’Elmo, molto interessante sotto il profilo floristico-vegetazionale ed infine l’area protetta di San Venanzo, che comprende anche una zona vulcanologica. L’ambiente montano del Gruppo Peglia è caratterizzato da cerrete, ma anche da estese pinete; ricchissima è la flora calcolabile in oltre un migliaio di specie.
Da www.parks.it/parco.monte.peglia.selva.meana/index.php
www.comune.allerona.tr.it
www.umbria.ws/allerona

Parco di Villalba

Area boschiva di oltre 20 ha. È situata ad una altitudine fra i 600 ed i 700 metri ed è stata destinata dalla Comunità Montana a parco attrezzato. All’interno del bosco sono state realizzate numerose strutture (baita con annesso servizio di ristorazione, servizi igienici, spazio per manifestazioni ed intrattenimenti di vario genere, piazzole con panche e tavoli, punti fuoco, sentieri) ben armonizzate con l’ambiente circostante ed adatte a soddisfare le esigenze di coloro che, specialmente durante il periodo estivo, si recano al parco per trascorrervi una giornata immersi nella natura. L’area, situata al confine con la Riserva Naturale di Monte Rufeno e all’interno della vasta foresta demaniale della Selva di Meana – area naturale protetta inserita nello Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico e Ambientale Monte Peglia e Selva di Meana, istituito dalla Regione dell’Umbria con Legge n° 4 del 13/01/2000 – presenta caratteristiche di elevato pregio dal punto di vista ambientale ed è ricompresa in una vasta area destinata a Parco Interregionale. I boschi, avviati ad alto fusto, sono caratterizzati prevalentemente dalla presenza di specie quercine, con altre specie sporadiche o rare, ma comunque significative quali aceri, frassini, faggi e castagni. Tra gli arbusti è possibile annoverare la rara frassinella, mentre si segnalano numerose orchidee selvatiche, di cui sono state censite oltre trenta specie diverse proprio all’interno del parco.
Ricca è anche la fauna con la presenza di ungulati, predominante quella del cinghiale, ma significative anche quelle di daini e caprioli, numerosi sono poi i rapaci.
Da www.inorvieto.it/it/scegli/itinerari_naturalistici/anello_di_villalba.html
www.parchiattivi.it
www.comune.allerona.tr.it

BIBLIOGRAFIA

  • AAVV, L’uso didattico-scientifico delle specificità territoriali, Convegno Seminario Museo dei Cicli Geologici 7 maggio 2003, Istituto Scolastico Comprensivo Orvietano-Alleronese, Allerona, 2005.
  • Abbondanza R., Allerona e il suo statuto del 1585, traduzione a cura di Abbondanza R., Deputazione di storia patria per l’Umbria, Perugia, 2010.
  • Farnesi L. Urbani C., Note storiche e religiose sulla Chiesa della Madonna dell’Acqua, Todi, 1995.
  • Urbani C., L’ospedale dei poveri in Allerona: 1373 – 1739. Appunti di storia locale, Allerona, 1997.
  • Urbani C., La chiesa plebana di S. Maria Assunta in Allerona: appunti di storia, arte e pietà, Allerona,1997.
  • Urbani C., La Socieà di mutuo soccorso in Allerona, 1872/1972: appunti di storia locale, Città di Castello, 1994.
  • Urbani C., Le confraternite alleronesi dal XVI al XIX secolo, Perugia, 2008.
  • Urbani C., S. Ansano martire: nella storia e nella tradizione religiosa, Perugia, 1992.
  • Urbani C., San Pietro Aquaeortus: profilo storico di un’abbazia e dei suoi ordini monastici, Allerona, 1998.

 

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